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L’elettronica di Devya che suona internazionale

Il profondo Nord-est italiano spesso nasconde spinte creative molto particolari e diverse tra loro, ed alcune emergono facendo capolino e offrendosi all’ascolto del mondo esterno. È il caso del progetto di Devis Simonetti, in arte Devya, che potrebbe essere superficialmente etichettato come musica elettronica, ma che in realtà è la paziente stratificazione ed assimilazione di più di vent’anni di esperienze musicali maturate nel grunge, nel punk, nel brit-pop, nello shoegaze, nell’industrial.

Grazie all’ascolto, al lavoro ed al vissuto all’interno dei contesti più all’avanguardia nelle sonorità elettroniche, soprattutto della scena britannica, Devya matura un gusto raffinato eppure apparentemente sbavato per i suoni sintetici, che si contaminano a vicenda riverberando in una miscela molto ispirata, che sa toccare ambiti anche lontani mettendoli in comunicazioni con stratagemmi ingegnosi.

L’album che raccoglie il lavoro di Devya si intitola I Don’t Know What Is Christmas, e raccoglie ambientazioni armoniche che traducono emozioni e grandi domande in suoni; ogni scelta, quindi, è fondamentale per ottenere il risultato comunicativo di evocare nell’ascoltatore esattamente la sensazione che l’autore ha immaginato.

I Don’t Know What Is Christmas affianca senza snaturarle, sia l’elettronica che i suoni analogici del classico trio rock composto da chitarra, basso e batteria, recuperando la parte viscerale ed istintiva accompagnandola con il cesello digitale che fornisce un make-up originale e colorato, ma mai fuori luogo.

L’esordio di Devya non fa sentire la mancanza delle parole nei pezzi prettamente strumentali, ma anzi dà prova della bravura di un artista che, comprendendo l’universalità del linguaggio musicale, è in grado di sfruttare suoni e strumenti unendo quello che occorre senza eccedere, senza mai fare confusione, presentando ogni colore nella giusta posizione e nella giusta tonalità. 

I Don’t Know What Is Christmas permette di viaggiare in epoche diverse, dagli anni ottanta alla new wave, infondendo la giusta nostalgia e incuriosendo chi si approccia per i primi ascolti ai suoni sintetici. Un campionario di esperienza e sguardi che si sovrappongono con grazia scivolando tranquilli senza asperità.