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“Com’era quella storia delle donne?”

L’8 marzo non è un appuntamento commerciale, non è una ricorrenza solenne in cui celebrare un minuto di silenzio per le vittime, non è un’occasione per essere gentili (almeno una volta, signori!) con le mogli, le compagne o le sorelle. L’8 marzo è, di fatto, almeno così come ce l’hanno raccontato, un falso.

Non commemora infatti le operaie morte nel 1908 negli Stati Uniti, bruciate vive nel rogo della fabbrica perché chiuse dentro a chiave; niente di così truce – per quanto, i roghi e i morti anche all’epoca non mancassero, vista la scarsa tutela dell’incolumità dei lavoratori. L’8 marzo però ha una storia diversa. Una “giornata della donna” si festeggia già nell’ottocento negli Stati Uniti e in Europa, su iniziative delle suffragette e delle militanti socialiste (che però non si mescolano alle borghesi). Si cerca una data unica ma non ci si mette d’accordo: l’idea comune, quella sì, è di arrivare al suffragio universale e alla “liberazione femminile” ma intanto scoppia la prima guerra mondiale. La prima grande manifestazione di donne dall’inizio del conflitto si svolge a San Pietroburgo il 23 febbraio 1917 (secondo il calendario giuliano e corrispondente al nostro 8 marzo): sono le prove generali della Rivoluzione d’ottobre, una data storica – questa sì – che sarà poi formalizzata come “Giornata internazionale dell’operaia” nel 1921 dalla Seconda Conferenza internazionale delle donne comuniste. L’origine della festa è quindi russa e non americana e con una precisa connotazione politica (lo stesso Lenin la ricorderà come il necessario tributo alle donne che tanto avevano contribuito al rovesciamento dello zar e alle conquiste sociali). Forse troppo per l’immaginario occidentale, che l’ha così “annacquata”, riferendola a una deplorevole – ma più accettabile – tragedia del lavoro femminile.

Interessante però notare come il desiderio delle donne di essere soggetti politici e la rivendicazione attiva dei propri diritti venga messo in ombra e ridotto, ancora una volta, aquello di vittime di un sistema ingiusto. In Italia la “Giornata” si celebra la prima volta nel 1922 per iniziativa del Partito comunista; la festa viene poi definitivamente istituzionalizzata nel secondo dopoguerra grazie all’Udi, Unione donne italiane, che adotta anche la mimosa, fiore umile e gioioso, anticipo di primavera, come simbolo di lotta e resistenza. Nei primi anni Cinquanta, infatti, offrire la mimosa era considerato “atto a turbare l’ordine pubblico”, altro che un atto di galanteria. C’è Scelba presidente del Consiglio e le grandi manifestazioni femministe del ’68 sono ancora lontane. Il senso però è chiaro e resta intatto ancora oggi. Quindi, “com’era quella storia delle donne dell’8 marzo”? Era ed è una storia di libertà e di fierezza. Una festa, insomma: e nessuna remora a donare la mimosa che la rappresenta.

Foto via udinazionale.org