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Le chiese in Crimea saranno chiuse?

Il processo di registrazione presso le autorità russe continua, hanno dichiarato rappresentanti delle chiese cattolica romana, greco-cattolica e evangelica luterana venerdì 27 febbraio. Il termine di registrazione è scaduto, per legge del parlamento russo, il primo marzo. Se una chiesa dovesse vedersi respingere la propria domanda di iscrizione, incomberebbe su di essa, secondo la legge, la liquidazione forzata.

Mosca richiede che tutte le 73 comunità di credenti della Crimea si organizzino secondo la normativa russa e si registrino ex novo. Per la registrazione si richiede, tra l’altro, l’appartenenza a una organizzazione ecclesiastica presente su scala nazionale e preferibilmente con sede a Mosca. Si tratta di uno scoglio difficile da superare in particolare per la chiesa del patriarcato ortodosso di Kiev e per la chiesa greco-ortodossa.

L’arcivescovo evangelico luterano di Mosca Dietrich Brauer ha detto all’agenzia di stampa cattolica (Kna): «È probabile che non tutte le sette comunità riescano a soddisfare i requisiti della legislazione russa». La registrazione è importante «per evitare che le comunità in Crimea perdano i loro immobili». Inoltre soltanto le comunità di credenti riconosciute dallo Stato avrebbero diritto alla restituzione degli edifici ecclesiastici.

Secondo Swjatoslaw Schewtschuk, arcivescovo maggiore di Kiev della chiesa greco-cattolica, legata a Roma, la loro richiesta di registrazione per la Crimea è finora stata respinta tre volte. «De facto questa legge serve a liquidare le chiese che non sono leali al governo russo», ha commentato. Neanche la chiesa cattolica romana ha ottenuto finora la registrazione. A seguito di colloqui con la rappresentanza russa presso la Santa Sede, il Vaticano ha ottenuto una propria regione pastorale per le sette parrocchie in Crimea. A capo di essa c’è il vescovo ausiliare residente nella penisola, Jacek Pyl. La Crimea appartiene alla diocesi dell’Ucraina meridionale di Odessa-Sinferopoli, eretta nel 2002.

Su pressione delle autorità, numerosi religiosi ucraini che non hanno voluto accettare la cittadinanza russa in seguito all’annessione della Crimea nel marzo del 2014, hanno lasciato la penisola. Una portavoce della chiesa cattolica romana di Kiev ha dichiarato alla Kna che i sacerdoti ritornerebbero in Crimea soltanto dopo una registrazione delle parrocchie locali.

In Crimea ci sono circa 2.000 istituzioni religiose. Di queste oltre 1.400 erano registrate secondo il diritto ucraino. La grande maggioranza di esse appartiene alla chiesa ortodossa.

In realtà il diritto russo permette ai gruppi religiosi di esercitare la propria fede anche senza la registrazione presso le autorità. Tuttavia soltanto le comunità di credenti riconosciute dallo Stato possono stipulare contratti, acquistare proprietà e invitare sacerdoti stranieri.

Fonte voceevangelica.ch

Foto “Ternopil dominikanskyj kostol” di Sergiy Klymenko. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.