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«Cie da chiudere»

«I Cie? I numeri dimostrano che sono superflui». Il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione parlamentare per i diritti umani, non ha dubbi sul ruolo dei Centri di identificazione ed espulsione per gli stranieri sottoposti, appunto, a provvedimenti di espulsione. «Non capisco – continua – come si possa spiegare la necessità dei Cie, dal momento che incerta è la sua base giuridica, la tutela dei diritti umani al loro interno è particolarmente critica, i costi complessivi restano significativi; l’efficienza rispetto allo scopo è discutibile visto che la percentuale di persone effettivamente espulse è del 50%».

Oltretutto, nell’assurdità complessiva della vicenda dei Cie, ci sono dati che colpiscono. Degli undici Cie previsti solo cinque sono funzionanti (Bari, Caltanissetta, Roma, Torino, Trapani), mentre il numero degli stranieri “ospiti” di queste strutture è drasticamente in calo («in tutto il 2012 furono circa 8mila, 6mila nel 2013 e meno di 5mila nel 2014», dice Manconi). Attualmente le persone ospitate nei Cie sono 293, a fronte di una capienza di 753 posti. Tutto questo farebbe pensare a una sensibile riduzione dei costi complessivi, mantenendo lo stesso livello di servizio. E invece, per la logica delle gestioni assegnate al massimo ribasso, ecco che «la spesa pro capite al giorno è scesa da 41 a 28 euro. Si capisce bene  – osserva Manconi– come siano inevitabilmente peggiorate le condizioni di vita all’interno dei Cie». 

Per Manconi «questo è un dato profondamente sbagliato, da correggere: occorre un contratto nazionale con una soglia minima sotto la quale non si può scendere».

Il presidente della Commissione parlamentare diritti umani, ribadisce che, comunque, i dati mettono in luce come queste strutture siano superate. 

«Forse non tutti sanno che, ormai, circa il 50% delle persone ospitate nei Cie è rappresentato da stranieri che hanno finito di scontare la loro pena in carcere e che vengono trattenuti perché l’identificazione è incerta. Eppure, c’è il decreto Cancellieri che prevede l’identificazione durante il periodo di detenzione in carcere. Se fosse applicato anche solo al 50% – continua il senatore – questo ridurrebbe ulteriormente di un terzo il numero delle persone dentro i Cie».

Manconi e la Commissione propongono, quindi, misure alternative: «Per la maggior parte dei trattenuti, che non sono in alcun modo motivo di pericolo, sarebbe sufficiente l’obbligo di firma quotidiana, o quello di farsi trovare al domicilio indicato o il divieto di allontanamento da una certa area. Anche perché sono sempre di più all’interno dei Cie quelle persone che sono regolarmente soggiornanti in Italia e regolarmente impiegate. Solo che quando perdono il lavoro, trascorsi 12 mesi, la legge ne impone l’espulsione».

Foto Paolo Ciaberta