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Il diritto di sbagliare

Qualche giorno fa, il segretario della Lega, Matteo Salvini, si è espresso sul proprio profilo Facebook a proposito della vicenda del cittadino pakistano, espulso dall’Italia con un provvedimento diretto del Ministero dell’Interno, sottolineando che un avvocato italiano ha deciso di assisterlo in un ricorso davanti al Tar del Lazio. Ne sono scaturiti insulti personali da parte degli utenti del social all’avvocato, il quale non si è sottratto al confronto. Gli attacchi personali e al diritto di essere difesi in qualsiasi situazione, hanno fatto reagire diversi gruppi di avvocati, che hanno espresso la propria solidarietà all’avvocato Nicola Canestrini. La prima udienza davanti al Tar del Lazio (per discutere l’eventuale sospensiva) è prevista tra alcune settimane. Commentiamo la notizia con Lorenzo Trucco, presidente dell’Asgi, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione.

Come avete reagito alla notizia?

«Abbiamo dato la nostra massima solidarietà: è talmente evidente la bassezza dell’attacco che riguarda una condizione essenziale nello stato di diritto, perché il diritto di difesa è l’essenza della condizione democratica. Non è un caso che si sono ribellati e hanno dimostrato la loro solidarietà tutte le camere penali, istituzioni e associazioni, perché confondere il difensore con l’oggetto della difesa è una violazione gravissima. Il diritto di difesa è previsto rispetto all’uguaglianza dei cittadini, dall’Articolo 3 e dall’articolo 24 della Costituzione».

Confondere il difeso con il difensore è offuscare il diritto. Per strategia politica, ma anche per ignoranza, che ne pensa?

«Questo senz’altro, quello che preoccupa di più sono le reazioni di bassissimo livello e che si intravedono nelle linee di attacco rispetto alla funzione indipendente dell’avvocato. Si sta verificando in stati assolutamente non democratici, ma non solo. Attacchi che vanno contro la funzione della difesa, un pilastro essenziale della democrazia. Tutto questo al di là del caso specifico, dove l’avvocato Canestrini, oltre a essere un bravissimo avvocato, è una persona di altissimo livello morale ed etico, sempre schierato dalla parte dei più deboli».

Torna la questione del limite della libertà di espressione, di cui si è discusso molto dopo i fatti di Parigi

«Questo è un grande tema, lo vediamo sempre di più, pensavamo fosse una conquista acclarata, invece viene ancora attaccata da molti punti di vista. Un grandissimo principio, ma che va commisurato a determinati parametri, che però non lo possono limitare. Ma in questo caso viene attaccato la possibilità di difendere, quindi affidarsi a un’autorità terza, quella giudiziaria, che dovrà capire se ci sono violazioni o no. Decisioni aprioristiche su fatti che possono costituire reati o violazioni di altro tipo, e l’attacco al diritto di richiedere un processo, spostano indietro l’orologio della storia dei diritti».

Si può sacrificare l’opinione personale per la sicurezza comune?

«La libertà di espressione è uno dei principi su cui si basa la democrazia. Dopodiché, in caso di contrasto con altri principi, si potranno discutere alcuni eventuali limiti, ma tendenzialmente è un diritto assoluto, soprattutto se non si traduce in azioni concrete. L’unica vera ricchezza della comunità europea è la civiltà dei diritti umani, di cui la manifestazione del pensiero è uno dei nuclei. Ma se pensiamo che questi diritti ad alcuni si possano applicare e ad altri no, è chiaro che si torna indietro nella storia della civiltà giuridica: credo che questo nessuno lo voglia».

E più difficile la difesa delle persone straniere?

«Sicuramente sì, per varie ragioni. Alcune sono culturali, alcune sono contingenti per il fatto che spesso sono persone non abbienti e bisogna ricorrere al gratuito patrocinio quando si può, con tutte le storture e inefficienze di questo sistema. In più ci sono delle violazioni a monte, istituzionali, della legge: contro le espulsioni amministrative, per esempio, la difesa avviene di fronte al giudice di pace. Come se gli stranieri che devono difendersi non avessero diritto a un giudice come gli altri, ma un giudice particolare. È una grave stortura istituzionale, e infatti il livello di tutela è basso. Assistere dei richiedenti asilo, che sono palesemente privi di mezzi, diventa estremamente difficile qualora non venga loro garantito l’accesso al gratuito patrocinio».