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Il Califfo del Grillo

Nella giornata di giovedì 27 febbraio sui social network si sono moltiplicati i commenti su due notizie: la rivelazione dell’identità di Jihadi John e la distruzione del Museo archeologico di Mossul, l’antica Ninive. In realtà solo la prima è una notizia, mentre la seconda è un video virale.

Dal giugno scorso, infatti, l’Isis ha conquistato Mossul e ha passato questi mesi a distruggere le antiche vestigia della città. La Moschea di Giona è saltata in aria a luglio. I video dell’Isis, inoltre, prima di essere lanciati in rete, vengono rifiniti per aumentare l’effetto di terrore nello spettatore, pur mantenendo l’aspetto “amatoriale”. È importante, infatti, che lo stile della ripresa sia simile a quello della gita in campagna o di un video di Paperissima: il messaggio deve essere che il terrore è la norma, è normale.

Il video della distruzione delle antiche e bellissime statue aveva la finalità di mostrare l’azione di quei criminali a chi aveva preferito chiudere gli occhi. Molti infatti non hanno voluto vedere lo spettacolino macabro del pilota giordano bruciato vivo in una gabbia in Siria né quello della decapitazione della ventina di cristiani copti in Libia, ma hanno preferito limitarsi a leggerne il resoconto. Anche io non ho voluto vedere quelle immagini, ma mi sono illuso che la distruzione del museo mi avrebbe turbato di meno. E così non è stato. Il video è servito ad aumentare l’audience.

La notizia del giorno è stata invece la rivelazione da parte di Scotland Yard del nome di “Jihadi John”, il tagliagole che ha assassinato, tra gli altri, gli ostaggi James Foley, Steven Sotloff, David Haines, Alan Henning, Peter Kassig, Haruna Yukawa, Kenji Goto. Si tratterebbe di Mohammed Emwazi, un giovane londinese di 26 anni, famiglia middle-class, laureato in ingegneria informatica, che faceva i safari in Tanzania. Insomma, non «un povero oppresso che non ha altri mezzi per rialzarsi se non il terrorismo», come vorrebbe una certa vulgata social-politica cialtrona, ma «uno coi soldi».

Molti si sono domandati perché. Perché un giovane professionista benestante, inserito nel suo contesto sociale, diventa uno spietato assassino? Perché l’Isis distrugge l’inestimabile patrimonio artistico culturale di Ninive? Perché?

Per rispondere a questa domanda, viene in mente il protagonista del celebre film di Mario Monicelli Il Marchese del Grillo, in cui si sottilinea il fossato che separa chi domina e chi subisce. Non la religione, non una particolare visione filosofica del mondo, non la rivoluzione anticolonialista: obiettivo dell’Isis è il puro potere. Il sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi non è altro che un Califfo del Grillo.

Copertina: “Rural village outside of Mosul, Iraq” by U.S. Army photo by Spc. Kieran Cuddihy – Rural village outside of Mosul, Iraq. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons.