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Nelle catacombe per legge

Le recenti modifiche, molto restrittive, che il consiglio regionale della Lombardia ha approvato a larga maggioranza nella seduta del 27 gennaio (giorno della memoria!) circa la pianificazione per le attrezzature religiose ha scosso l’opinione pubblica. E in particolare quella delle minoranze religiose che attendono, alcune ormai da anni, di poter costruire il proprio locale di culto. Nel rispetto delle norme. Ma quando queste norme sono assurde, come quelle appena varate, è impossibile applicarle. Tra le richieste, quella di provvedere per i nuovi locali a parcheggi di superficie non inferiore al 200 per cento della superficie del luogo di culto, all’installazione di impianti di videosorveglianza collegati direttamente con la Questura. Per non dire della facoltà di sottoporre a comitati cittadini la congruità delle richieste per edificare nuovi luoghi di culto. Son previsti anche referendum locali per decidere l’applicazione di un diritto costituzionale. Dopo i primi giorni in cui si è parlato di una legge regionale dettata dalla paura, frutto di una perdita di lucidità, i contorni si sono meglio definiti. La riflessione (e anche la legittima protesta di molti ambienti) si è approfondita. Oggi la gravità di questa decisione regionale, che modifica passaggi importanti della legge per il governo del territorio, appare in tutta la sua devastante portata. C’è veramente da chiedersi come sia potuto accadere che un consiglio regionale approvi una norma che prende a calci la libertà religiosa sancita dalla Costituzione? È un esercizio di arroganza politica che cade proprio alla vigilia dell’Expo. Consegnando a Milano la cifra odiosa di una discriminazione legale. Le nuove restrizioni di fatto ricacciano nell’ombra le diverse comunità di fede che per pregare dovranno continuare a farlo in luoghi precari. Altro che accoglienza e fruttuosa collaborazione tra comunità religiose come tenta faticosamente di promuovere l’amministrazione comunale, e non da oggi.

Regione e Comune: un dialogo tra sordi. Sul tema si sono svolti due convegni. Rispettivamente il 16 febbraio all’Università («Profili di illegittimità della legge della Regione Lombardia sulle «attrezzature per servizi religiosi») e un altro il 17 febbraio al Comune di Milano dal titolo significativo: «Nelle catacombe per legge, la nuova normativa urbanistica lumbard contro la libertà di culto». Nel primo appuntamento organizzato dalla docente universitaria di diritto costituzionale Marilisa d’Amico, in collaborazione con rappresentanti buddisti, valdesi, islamici oltre alla comunità di Sant’Egidio, ha ripercorso le ragioni dell’incostituzionalità della discussa normativa che di fatto impedisce la costruzione di nuovi locali di culto. L’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida ha osservato che non potendo fare una legge ad hoc sulle moschee, si sono inventati questo strumento esteso a tutte le religioni, avendo però nel mirino le moschee.

Nel secondo convegno, presieduto da Samuele Bernardini, svoltosi in sala comunale e organizzato dalla Consulta milanese per la laicità delle istituzioni, si è ricostruito l’iter che ha condotto a queste pesanti restrizioni. Dopo un intervento del filosofo Giulio Giorello, che si è soffermato sui recenti fatti di Parigi e di Copenaghen che ci obbligano a ripensare la nozione di cittadinanza in una società plurale, la vicepresidente del Consiglio di Regione Lombardia ed esponente del Pd (quindi della minoranza) Sara Valmaggi e la vicesindaco di Milano Lucia De Cesaris hanno focalizzato le criticità della legge, chiaramente anticostituzionale. A fornire un quadro più ampio della questione è intervenuta Ilaria Valenzi, giurista della Federazione delle chiese evangeliche, che ha ribadito la necessità che mai come oggi il Parlamento dovrebbe fornire il paese di una legge quadro sulla libertà religiosa. Uno strumento che se fosse attuato impedirebbe grossolane incongruità giuridiche. «Il cambiamento dell’Italia è molto rapido, anche sotto il profilo della presenza di nuove culture e religioni ma la risposta istituzionale è lenta – ha notato Samuele Bernardini- e spesso inadeguata». La speranza è che il governo impugni ora al più presto questo sciagurato provvedimento. Nella sua interpellanza parlamentare, l’onorevole Lacquaniti ha osservato che «il fanatismo religioso trova fertile terreno proprio nelle divisioni, nella strumentalizzazione, nelle contrapposizioni ideologiche e nelle situazioni irregolari; lo strumento migliore per contrastarlo non risiede certamente nel controllo remoto mediante telecamere, ma nel dialogo, nel confronto e nella convivenza civile».  

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