Libertà di espressione: dibattito in Francia

Dopo che i vescovi cattolici hanno nei giorni scorsi spiegato il loro no alla firma della «Proclamazione per la libertà di espressione» – rivolta a tutti i responsabili di chiese in Francia e promossa da Reporters Sans Frontières, la Ong che si occupa della difesa della libertà di stampa nel mondo – , motivandolo con una mancata partecipazione alla redazione dell’appello e ad un’idea errata che emergerebbe dal testo che mostrerebbe le chiese come ostacolo alla libertà di stampa, François Clavairoly, presidente della Federazione protestante di Francia (Fpf) ha scelto invece di firmarlo. Non senza qualche riserva che motiva così: «Innanzitutto è un problema di metodo perché il testo è stato prodotto senza concertazione. Al principio doveva comparire il sottotitolo “La libertà d’espressione non ha religione”. Ho chiesto venisse cambiato perché considero che le religioni, in particolare il cristianesimo, e ancor più in particolare in seno al cristianesimo il protestantesimo, hanno contribuito alla nascita e alla salvaguardia della libertà di espressione. Il sottotitolo è così diventato “Il pluralismo al servizio delle nostre libertà”. Una maniera di addolcire un proclama che appariva un poco aggressivo. Sul tema della libertà di espressione non si può creare una dicotomia fra buoni laici e cattivi religiosi».

Perché allora far firmare la petizione soltanto ai responsabili dei vari luoghi di culto?

«Questa è la mia seconda riserva. Penso che questa dichiarazione andrebbe firmata da ogni cittadino e non solo dai leader religiosi. A mio avviso la libertà di espressione non è minacciata né in Francia né nel mondo dalle religioni, ma da nazioni o gruppi che usano le religioni a fini politici».

Comprendete quindi l’irritazione di numerosi cristiani alla lettura di questo appello?

«Irritarsi non serve a nulla, ed è proprio questo il senso della mia adesione. Potrei affermare con un po’ di ironia che ho firmato proprio per aiutare Rsf a far meglio la prossima volta. Credo che paradossalmente, i giornalisti siano poco informati sul ruolo delle religioni nelle società. Bisogna che apprendano bene quale è il modello francese, e capiranno che l’appello va esteso a tutta la popolazione, non soltanto alle religioni».

A questo link si può leggere il proclama di Reporters Sans Frontières.

Traduzione Claudio Geymonat da lavie.fr

Foto via Reforme