Sfogliando i giornali del 6 febbraio

01 – Guerra in Ucraina, tra diplomazia e tregua
La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente François Hollande sono in visita nella giornata di oggi a Mosca nel tentativo di concordare un nuovo cessate il fuoco nell’est del paese.
I leader europei, racconta The Telegraph, tentano di mediare un accordo di pace, soprattutto dopo le dichiarazioni degli Stati Uniti di voler inviare armi a Kiev, che hanno sollevato timori di un confronto diretto tra la Russia e l’Occidente.
Intanto, il governo di Kiev e i ribelli filorussi hanno firmato una tregua per permettere l’evacuazione di Debaltseve, nell’est dell’Ucraina, una città ritenuta strategica per il controllo della regione. La tregua resterà in vigore fino alle 15 per permettere ai civili di lasciare le proprie case.

02 – Stati Uniti, la Cina critica l’accoglienza del Dalai lama
Il governo cinese ha reagito con un comunicato molto critico all’accoglienza data dagli Stati Uniti al Dalai Lama, arrivato ieri in visita a Washington.
Nel comunicato la Cina denuncia «l’ingerenza degli Stati Uniti negli affari interni».
Ieri il leader spirituale tibetano, che ha dismesso la propria carica politica nel 2011, ha assistito all’evento annuale della colazione nazionale di preghiera, dove si ritrovano tradizionalmente esponenti politici e religiosi. Il presidente Obama ha salutato il Dalai Lama, seduto in platea, e la Casa Bianca aveva sottolineato in anticipo che non ci sarebbe stato alcun incontro privato.
Un portavoce della diplomazia cinese ha però ancora dichiarato che «ci opponiamo all’accoglienza del Dalai Lama in paesi stranieri». Non è il primo incontro tra Obama e il leader spirituale tibetano.

03 – Tolleranza zero, lo slogan contro le mutilazioni genitali
Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, e lo slogan scelto è «Tolleranza zero».
Secondo le stime delle Nazioni Unite, sono circa 130 milioni le bambine, le ragazze e le donne che sono state sottoposte a questa pratica nel mondo, e il fenomeno continua a resistere, nonostante i progressi compiuti negli ultimi 20 anni in diversi paesi dell’Africa.

Alla lotta contro le mutilazioni, messe al bando da una risoluzione del 2012 dell’Assemblea generale dell’Onu, stanno contribuendo anche iniziative inedite. A Nairobi, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione ha inaugurato un progetto per il sostegno ai giornalisti africani che danno notizie a aiutano a far luce sul problema e i pericoli che comporta.

04 – Ebola, il Fondo monetario internazionale offre un parziale condono dei debiti
Il Fondo monetario internazionale si è offerto di donare 100 milioni di dollari ai paesi colpiti dal virus ebola, alleggerendo quindi di questa cifra il loro debito. Liberia, Sierra Leone e Guinea Conakry non dovrebbero poi pagare neanche gli interessi relativi a questa parte del debito. L’operazione, che la direttrice generale del Fmi Christine Lagarde ha definito «non tradizionale», avverrà attraverso un fondo speciale creato a questo scopo ed è parte di uno stanziamento di 300 milioni di dollari già annunciato dal G20. Due settimane fa il presidente della Guinea Alpha Condé aveva chiesto l’annullamento dei debiti bilaterali e multilaterali dei tre paesi più colpiti dall’epidemia, ma i 100 milioni promessi dal Fondo corrispondono a meno del 20% del denaro dovuto in totale dai tre stati a questa sola istituzione.


05 – Myanmar, proteste contro il diritto di voto per i rohingya
All’inizio della prossima settimana, varie organizzazioni e monaci buddisti nazionalisti hanno in programma di iniziare sette giorni di proteste contro la decisione del parlamento birmano che ha deciso di consentire ai cittadini con carta di identità temporanea, detti white card holder, di votare in un referendum nazionale sulla riforma costituzionale. Il parlamento birmano, su proposta del presidente, all’inizio della settimana ha infatti approvato la legge in vista del voto nel referendum di maggio su modifiche alla costituzione. La nuova legge concede il diritto di voto a circa 1,5 milioni di persone che vivono in Myanmar ma non godono di pieni diritti di cittadinanza, e tra questi i rohingya, un gruppo che non è riconosciuto come uno dei 135 gruppi etnici birmani. Finora il governo si riferisce a loro come bengalesi, il che implica che sono immigrati provenienti illegalmente dal Bangladesh.

Foto: Myanmar/Burma: Little hope for Rohingya , da European Commission DG ECHO, con licenza CC BY-ND 2.0