Sfogliando i giornali del 5 febbraio

01 – Ucraina, John Kerry a Kiev per una nuova fase del supporto statunitense

Il segretario di stato degli Stati Uniti, John Kerry, si trova oggi a Kiev, la capitale dell’Ucraina, per un colloquio con il presidente ucraino Petro Porošenko e il primo ministro Arsenij Jatsenjuk.

Dall’incontro di oggi non è emerso in modo ufficiale quanto ci si aspettava, ovvero la volontà del governo statunitense di inviare armi all’esercito ucraino per combattere i ribelli filorussi nell’est dell’Ucraina, come già preannunciato nei giorni scorsi da Ashton Carter, il nuovo segretario della difesa alla Casa Bianca. Kerry, infatti, si è limitato a offrire circa 16 milioni di dollari di aiuti umanitari in sostegno ai civili nell’est dell’Ucraina.

Da parte del presidente Obama non era arrivata nessuna conferma ufficiale a proposito della volontà di armare l’Ucraina, ed espressamente contro questa opzione si era pronunciato il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che aveva affermato ieri che «non esiste soluzione militare alla crisi in Ucraina».

Porošenko ha chiesto ai paesi della Nato di inviare armi per permettere al suo esercito di «difendersi dall’aggressore», ma uno tra i paesi più influenti in Europa sul piano militare, la Francia, ha fatto sapere di «non avere intenzione di fornire armi letali».

02 – Egitto, ergastolo per 230 oppositori politici

La Corte d’assise del Cairo ha emesso ieri 230 condanne all’ergastolo nei confronti di esponenti dell’opposizione. Secondo Il Fatto Quotidiano si tratta di «una nuova vendetta contro i protagonisti della Primavera araba che nel 2011 portò alla caduta del governo di Hosni Mubarak».

L’accusa è quella di aver commesso violenze alla fine del 2011 nei pressi del Consiglio dei ministri egiziano. Ai condannati è stata anche inflitta una multa da 17 milioni di sterline egiziane, pari a poco meno di due milioni di euro. Le condanne sono state inflitte anche per detenzione di armi bianche e molotov, attacco a militari e poliziotti, incendio di un edificio e assalto a sedi governative tra cui il Consiglio dei ministri e l’assemblea del popolo.

Tra i condannati c’è anche l’attivista Ahmed Douma, già incarcerato durante la presidenza di Mubarak e poi quella di Morsi. L’ergastolo, per il codice penale egiziano, consiste in 25 anni di reclusione.

03 – Yemen, formato un consiglio presidenziale ad interim

La maggioranza delle fazioni politiche dello Yemen hanno concordato di creare un consiglio presidenziale ad interim della durata massima di un anno che dovrà gestire la crisi del paese.

Il movimento sciita degli Houthi, che occupa la capitale Sana’a da settembre, domenica aveva dato tempo ai diversi partiti fino a ieri, 4 febbraio, per stipulare un accordo per far uscire il paese dalla paralisi in cui si trova da quando il presidente e il governo si sono dimessi il 22 gennaio 2015.

Durante i negoziati nella capitale, i delegati di 9 partiti e gruppi hanno deciso di creare un consiglio presidenziale composto da 9 persone e guidato da Ali Nasser Mohammed, ex presidente dello Yemen del sud prima dell’unione con il nord nel 1990. L’accordo è ancora in fase di perfezionamento, e le consultazioni con l’ex presidente sono ancora in corso.

04 – Libia, attacco armato contro uno stabilimento petrolifero

Un gruppo armato ha attaccato martedì notte lo stabilimento di raffinazione di Al Mabruk, in Libia, dove hanno sede gli uffici della compagnia petrolifera francese Total e della libica Noc.

Il bilancio dell’attacco nel sito a sud di Sirte, regione già coinvolta in passato in altri momenti di violenza, è di 13 vittime e di diverse guardie rapite. È stata tuttavia smentita la notizia, diffusa inizialmente dalle forze armate libiche, di un dipendente francese della Total tra i sequestrati.

Nell’area non si trovavano cittadini francesi, perché era già stata evacuata a dicembre, quando il porto petrolifero di Es Sider era stato chiuso per i frequenti scontri tra gruppi armati.

L’attacco è stato rivendicato nella giornata di ieri da Ansar al-Sharia, formazione alleata con lo Stato Islamico.

05 – Myanmar, 20 morti negli scontri dell’ultima settimanale

Venti persone sono morte nell’ultima settimana nei combattimenti tra l’esercito e i ribelli nel nordest del Myanmar, al confine con la Cina. L’annuncio è stato dato sia dal governo che dal Consiglio federale delle nazionalità unite, Unfc, un’organizzazione che rappresenta undici gruppi ribelli di diverse etnie.

Le violenze nell’area sono scoppiate dopo che, a fine gennaio, l’Unfc aveva inviato una lettera al presidente Thein Sein in cui chiedeva al governo di firmare un accordo per creare un’unione federale. Secondo il segretario generale dell’Unfc, questo accordo avrebbe potuto favorire il raggiungimento di un cessate il fuoco a livello nazionale, ma l’interruzione dei negoziati ha causato scontri che hanno coinvolto l’Esercito di liberazione nazionale ta’ang e l’Esercito per l’indipendenza kachin. Nessuno dei due gruppi, infatti, ha firmato un accordo di cessate il fuoco con il governo.

 

Foto: La millenaria Bab Al-Yemen (la Porta dello Yemen) al centro della città vecchia, di Jialiang GaoCC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons