La piazza del Quirinale

Caro Mattarella…

Caro presidente Mattarella,

le confesso che, pur essendo un credente cattolico, non sono mai stato un fan della Democrazia Cristiana, nelle cui fila Lei ha sempre militato, né della Prima Repubblica, cui Lei – anche per motivi generazionali – appartiene. Eppure sono convinto che la sua elezione sia una gran buon notizia per il Paese. Nel suo profilo biografico e nel suo impegno politico riconosco il meglio di quel mondo cattolico che, ai miei occhi, è sempre stato fonte di ispirazione. Anche io, come Lei, mi sono formato nel Movimento studenti di Azione cattolica. Lei iniziava il suo percorso nei primi anni Sessanta, gli anni del Concilio, della riscoperta del ruolo e dell’autonomia del laicato in una Chiesa fino ad allora troppo clericale. Io muovevo i miei primi passi nel 1980, l’anno in cui suo fratello Piersanti veniva trucidato dalla mafia.

Nei principali passaggi della sua esperienza politica vedo l’impegno disinteressato di un “cattolico adulto” e “dalla schiena dritta”, che non ha mai preso ordini, se non dalla propria coscienza. Nella sua ormai proverbiale discrezione (pur essendo un problema per noi giornalisti) riconosco il valore della sobrietà di fronte ai tanti narcisismi autoreferenziali che rischiano di far implodere l’Italia, talvolta macchiettistica, dei nostri giorni. Anche il suo primo gesto pubblico di recarsi al memoriale delle Fosse ardeatine mi è sembrato un atto di grande dignità e rispetto: un modo emblematico per ribadire che la Costituzione della democrazia italiana si fonda sul rifiuto dei totalitarismi, della violenza politica, delle discriminazioni religiose, dell’antisemitismo.

A questo punto, da cattolico adulto a un cattolico ancora più adulto, mi permetto di darle un suggerimento non richiesto: dopo le Fosse ardeatine, trovi il modo di fare visita a un sinagoga; e poi a una moschea; a una chiesa ortodossa; e a un tempio protestante. Non c’è neppure bisogno che le spieghi il perché: è evidente che il tema della libertà religiosa è questione centrale oggi in Italia. Le nostre istituzioni viaggiano ancora a rilento, sui binari di una vecchia legge di epoca fascista sui “culti ammessi”. Ma la realtà corre veloce: il pluralismo religioso è cresciuto enormemente nel Paese, anche per l’effetto della presenza degli immigrati. Accoglienza e integrazione dei nuovi italiani sono premessa di una società vitale e capace di sviluppo. E la laicità della nostra democrazia si difende, e anzi si rafforza, non negando la libertà di culto (come di fatto ha voluto fare la recente norma-capestro della Regione Lombardia), ma piuttosto consentendola a tutti senza trattamenti preferenziali, all’interno di un quadro legislativo chiaro, degno di uno Stato che non è nemico della fede o del sentimento religioso, ma soltanto neutrale nei confronti delle diverse confessioni.

A proposito: il 16 e 17 febbraio la Federazione delle Chiese evangeliche organizza un convegno proprio sul tema dell’urgenza di una nuova legge sulla libertà religiosa. Se volesse fare un salto anche lì…

Foto di Hadi (Own work) [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html) or CC BY 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/3.0)], via Wikimedia Commons