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La sovranità risiede nel popolo (del web)

In rete c’è chi si esalta e c’è chi alimenta questa esaltazione dal di fuori. Il risultato più evidente di questo squallido giochino usato da certi media a corto di notizie è la retorica del “popolo del web”. Un popolo che si rivolta, si indigna, si commuove. A volte non si nomina esplicitamente il “popolo” e si parla direttamente di “web” o “rete”, nel senso di un’entità o identità collettiva: il web approva, il web condanna.

In questi giorni in cui si deve eleggere il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale, sono partiti prevedibilmente i sondaggi su internet riguardo alle preferenze del popolo del web. Quando va bene, partecipa a questi televoti — senza alcun valore statistico — qualche decina di migliaia di utenti: tanti se paragonati ai circa mille grandi elettori riuniti oggi a Montecitorio. Tuttavia, se il senso di questi sondaggi è presidenzialista — il popolo deve eleggere il presidente direttamente — in fondo non c’è molta differenza tra i grandi elettori e gli utenti del web che votano i sondaggi, rispetto agli oltre quaranta milioni di cittadini con diritto di voto alle elezioni politiche.

Chi è più attivo in rete è tendenzialmente allergico all’espressione “popolo del web”. Pur ritenendo che in rete la distinzione tra reale e virtuale sia sempre meno giustificabile, pur apprezzando il fatto che internet mette in collegamento persone di tutto il mondo come mai è accaduto prima, l’idea che esista un popolo del web è bizzarra, perché mancano quegli elementi di unità che i popoli normalmente hanno. Anche questi hanno le loro divisioni, ma condividono un destino, diritti e doveri, e ogni tanto anche una nazionale di calcio.

Su internet c’è invece la convergenza di interessi dei singoli, la ricerca di alleanze per le proprie proposte, la condivisione di informazioni e notizie. Con le dovute differenze, credere in un popolo del web sarebbe come credere in un popolo delle biblioteche o dei supermercati.

Tuttavia, è difficile opporsi alla retorica del popolo del web quando anche i media più seguiti propongono pseudo-sondaggi online. In questi mesi, però, alcuni internauti si sono organizzati per contrastare in maniera satirica questa retorica, individuando un nome comune e facendolo girare in maniera virale. Le caratteristiche: nome noto, figura popolare, educata e cortese, personaggio televisivo, lontano dal “palazzo”, uno che non potrebbe mai e poi mai realmente aspirare alla carica di presidente della Repubblica. Giancarlo Magalli.

La campagna ha avuto successo e il presentatore televisivo è schizzato in testa ai pseudo-sondaggi online. Il Fatto quotidiano lo ha addirittura chiamato per chiedergli di rinunciare perché chi lo votava scherzava. Errore. Chi ha lavorato per fare avanzare il nome di Magalli non “scherzava” — anche se si è sicuramente divertito — ma ha boicottato la retorica del popolo del web con grande successo.

Una goliardata ben organizzata può aiutare a capire che il popolo del web non esiste e che la democrazia è una cosa seria.

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