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Accadde oggi, 27 gennaio

In Italia la decisione di istituire una Giornata dedicata alla Memoria della Shoah ha anticipato di alcuni anni la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Già nel 2000, infatti, una legge dello Stato ha stabilito che “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ‘Giorno della Memoria’, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. In occasione del ‘Giorno della Memoria’ di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.” 

Prima di arrivare a questa formulazione del disegno di legge, c’era stata una lunga discussione su quale dovesse essere considerata la data simbolica di riferimento. Non un dettaglio, perché si trattava di decidere su quali eventi fondare la riflessione pubblica sulla memoria: la scelta del 16 ottobre, data del rastrellamento degli ebrei di Roma – la comunità più antica della diaspora – avrebbe portato a sottolineare le responsabilità italiane nella Shoah, mentre il 5 maggio, data della liberazione di Mauthausen, avrebbe dato più centralità alla storia dell’antifascismo e delle deportazioni politiche in Italia. La scelta è caduta sul 27 gennaio, data della liberazione di Auschwitz, prevalentemente per il suo potere evocativo a livello mondiale.

La risoluzione dell’Onu, arrivata alla fine del 2005 dopo una sessione in cui era stato ricordato il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi, ha sancito definitivamente che il 27 gennaio sarebbe diventato una ricorrenza internazionale.

Esistono in ambito ebraico altre date per ricordare la Shoah, così come esistono diverse posizioni sulla ricorrenza. Come quella, sempre più diffusa, che teme una eccessiva ritualizzazione possa svuotare la data di significato, un pericolo che aumenta all’aumentare della distanza temporale dei fatti. Fermo restando che la conoscenza e la Memoria sono fondamentali per evitare il ripetersi di quello che è stato, e che le iniziative organizzate in occasione del 27 gennaio sono importanti, utili e formative, in ambito ebraico la riflessione è avviata da anni, con ampie discussioni e dibattiti sulle migliori modalità di gestire quello che in alcuni casi si trasforma in una sorta di “macchina da eventi”, che lascia però il vuoto nei restanti 364 giorni dell’anno. È forse opportuno allora usare le parole di Pierpaolo Pinhas Punturello, un giovane rabbino italiano che risiede da alcuni anni in Israele: “Oggi non mi ricordo di niente. Oggi chiederò a voi cosa ricordate, cosa pensate, cosa avete capito. Oggi non mi ricordo di niente perché questo ‘oggi’ non è un giorno che mi appartiene. Il popolo ebraico ha subito la Shoah, non è un prodotto della stessa. Noi siamo il prodotto della nostra cultura e fede come tante altre realtà identitarie. Oggi non mi ricordo di niente, perché il ricordo è parte di me. Sarebbe come a dire che mi ricordo dei miei piedi. Oggi sono un punto interrogativo in giro per l’Europa.” 

Un’altra riflessione viene dalla torinese Daniela Fubini, anche lei ora in Israele, che ha esplicitato un pensiero condiviso da molti: “Ma se proprio questo 27 gennaio si deve fare, almeno suonasse una sirena e si facesse un minuto di silenzio, anzi sei. Tutti fermi in piedi, fuori dalle macchine in autostrada e in mezzo alle città, negli uffici, nelle scuole. Silenzio e pensieri. Invece che riempire adesso di parole il vuoto insopportabile che è stata proprio l’Europa di allora a produrre.”

In Israele per Yom haShoah, il giorno in cui si ricordano i milioni di ebrei morti per lo sterminio nazista, suonano le sirene e tutto il paese, ovunque si trovi, si ferma per un minuto di silenzio. Silenzio, dolore, riflessione. Memoria.

Foto “Auschwitz I entrance snow” di Logaritmo – Opera propria. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.