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Kalimera Europa

Di Claudio Geymonat e Federica Tourn

Elpida erchetai, la speranza sta arrivando. Lo slogan della campagna elettorale del partito Syriza e del suo leader Alexis Tsipras oggi è l’auspicio di un intero paese. La Grecia è piegata, umiliata dalla crisi devastante di questi anni, svuotata dei giovani in fuga all’estero, controllata a vista dai vertici finanziari mondiali. Ed ecco che allora la parola «speranza» si carica come non mai di significati: vuol dire guardare con occhi nuovi al domani. Certo sarà una sfida tremenda per Syriza, che ha sfiorato la maggioranza assoluta dei voti e quindi dei seggi, e che di conseguenza avrà la possibilità – e la responsabilità – di governare provando davvero a invertire la rotta. Tsipras, quarant’anni, è il più giovane leader greco da 150 anni: nel suo discorso a una nazione in festa ha ribadito più volte che i tempi dell’austerità sono finiti, un messaggio chiaro che vuole raggiungere i suoi cittadini ma anche la famigerata «troika» (Unione europea, Banca centrale europeae e Fondo monetario internazionale) e in particolare la Germania e la sua politica di rigore.

In piazza c’è la classe media, quella che ha perso il lavoro, che vive con 800 euro al mese a famiglia, che ha visto i figli emigrare alla ricerca di un lavoro. John è ingegnere informatico, ha 24 anni e lavora in Norvegia: della sua classe delle superiori, 29 ragazzi, soltanto uno è rimasto a vivere ad Atene. «Un’intera generazione non è più qui; si tratta del dramma peggiore per uno Stato. Come si fa a ripartire senza le nuove forze?». Manolis è un dentista e un volontario della Caritas: «Da me la gente viene molto meno che in passato, e molti non possono pagare, ma non per questo li mando via, anzi. E nei campi rifugio per senza tetto allestiti dalla Caritas vedo arrivare ogni notte nuove persone. Ora è tempo di cambiare». Nota Kimothoi si è avvolta nella bandiera rossa di Syriza e ascolta in lacrime i risultati: era giornalista, poi il giornale ha chiuso, molti suoi amici sono finiti letteralmente sulla strada. «Tanti, troppi anni di sofferenza – dice commossa – la politica della Germania ci ha schiacciati senza nessuna pietà. Ora davvero crediamo che ci sarà un cambiamento». Anche Alam Shah ne è convinto: viene dal Bangladesh e vive qui da quindici anni ma ancora non ha il permesso di soggiorno. «Da dieci anni seguo Syriza, mi convince la sua politica verso gli immigrati, mentre Samaras non ha fatto nulla».

Antonis Samaras è il premier uscente, uno degli sconfitti di questa tornata elettorale (resta comunque il secondo partito con il 27%, seguito dal partito di estrema destra Alba Dorata con il 6,28%), al pari del Pasok, il partito socialista, che con Nea Demokratia di Samaras ha governato alternativamente in questi ultimi anni. Gli stand del Pasok ieri sera erano mestamente chiusi, e la percentuale del 4% rappresenta un’inesorabile bocciatura. Thanos è un bancario in pensione e ci racconta che qualche giorno fa ha visto un suo ex collega vagare fra i tavolini di un bar per finire le tazzine di caffè dei turisti, mentre altri amici non hanno più i 90 centesimi di euro necessari per comprare il biglietto di un bus. Il quadro ha tinte fosche, ma il voto di ieri pare aver dato una scossa alla colonna vertebrale del paese.

La prossima mossa di Tsipras sarà andare in Europa forte di una vittoria schiacciante (149 seggi sui 151 necessari per la maggioranza assoluta) per rinegoziare il debito: non sarà semplice e non potrà essere una missione isolata. L’Europa che ieri sera era in piazza, dalla Francia alla Spagna, dalla Germania all’Italia, dovrà essere capace di appoggiare questa nuova visione. Qui si sta giocando una rivoluzione, dicono nei bar ateniesi: questo è il momento di andare oltre l’emozione della vittoria e cominciare a costruire un progetto a lungo termine di un’Europa più compatta, un’Europa più forte proprio perché più solidale.

Guarda lea gallery di foto a cura di Stefano Stranges

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