tomassone

Ora raddoppiamo

Da tempo non si discuteva ampiamente di religione e religioni come dopo la strage di Parigi. Quando proponevamo il dialogo interreligioso come tessuto della pace spesso la risposta era che le religioni non hanno più importanza, che la società è ormai laica e postreligiosa. Ora che esse diventano strumenti e veicoli distorti di violenza ecco che tornano alla ribalta: si parla di violenza che fa uso della religione o di religione che fa uso di violenza.

E oggi noi vorremmo che questo parlare di religioni e di fedi ci portasse a praticare relazioni di pace e di giustizia. Come evangelici italiani siamo da tempo dalla parte del dialogo, del guardarci negli occhi, dello stringere reciprocamente le mani, del costruire ascolto autentico fra persone di fedi diverse e anche senza alcuna fede.

Come evangelici viviamo da anni una sorta di conversione alla pace che comprende anche una rilettura dei nostri testi biblici, delle immagini violente attribuite al Dio, dell’uso biblico della religione per giustificare ogni spargimento di sangue, ogni oppressione, ogni cancellazione dell’altro.

Ci sembra quasi che ogni volta si debba ricominciare daccapo. Eppure la parola di Dio è lì, esplicita davanti a noi: “dov’è tuo fratello?” chiede Dio a Caino. O, come dice il Salmo 85 “Dio parlerà di pace al suo popolo e ai suoi fedeli, purché non ritornino ad agire da stolti!”

Perché, ci chiediamo, di fronte all’annuncio di pace che viene da Dio noi ci troviamo sempre nella posizione degli stolti, di una ritrosia che tende a mettere delle condizioni al dialogo – condizioni per l’altro s’intende?

È importante comprendere che l’aspirazione alla pace e alla libertà non sono valori solo occidentali, come fossero il frutto maturo dell’Illuminismo e solo di quello. Si tratta invece di aspirazioni che appartengono a tutta l’umanità, e anche in particolare a tutte le fedi religiose.

L’impegno della Federazione delle chiese evangeliche in Italia non può che essere raddoppiato in questo momento. Raddoppiato l’ascolto delle ragioni dell’altro, la curiosità verso l’altro, raddoppiata la capacità di far pulizia di pregiudizi nelle nostre parole, nel nostro modo di leggere la Scrittura e di vivere con vicini e vicine. Raddoppiata anche la capacità di empatia con chi muore lontano da noi e da ogni mezzo di comunicazione, con chi è oppresso in modo invisibile e senza fine, con chi si ribella a una religione o a una cultura oppressiva e cerca riparo fuggendo.

Dio dà riparo anche a Caino, dopo l’omicidio. Non cancella l’orrore di quel sangue che grida a lui dalla terra. Ma non cerca vendetta, una vita per l’altra. Dio è un Dio di compassione, e quando diciamo che è il Dio dell’umanità intera è perché affermiamo che sostiene la vita di ogni essere vivente, che il suo amore abbraccia tutto e tutti e tutte.

Allora quell’amore diventa esigente: esige giustizia, per i morti di Parigi e per le bambine fatte esplodere in Nigeria. Giustizia non solo per i cristiani ma per gli ebrei e per i musulmani, per gli abitanti di tutto il pianeta. Giustizia capace di riportare il riso fra persone di culture diverse e lo scambio scherzoso, non l’insulto. Ogni linguaggio che disprezza l’altro fa parte della cultura violenta in cui viviamo. Ogni capacità di sorridere insieme, al contrario, porta nel mondo un po’ della pace che Dio ci offre.

Fonte: NEV