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Riaprire l’inchiesta sulla morte di Dag Hammarskjöld

La Svezia si è rivolta all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per chiedere formalmente che venga riaperta l’inchiesta relativa alla morte di Dag Hammarskjöld,

il segretario generale della stessa Onu, morto in un incidente il 18 settembre 1961 mentre l’aereo che lo trasportava sorvolava il territorio della parte di Rhodesia corrispondente all’attuale Zambia. Era allora in corso il conflitto tra il Congo e la regione indipendentista del Katanga. Da subito ci furono sospetti sulla natura politica dell’incidente, ma un colpevole non fu mai trovato.

Dag Hammarskjöld era stato segretario dell’Onu dal 1953 fino a quel giorno; era un protestante svedese, grande credente, già illustre economista e uomo diplomatico nel proprio Paese – il padre Hjalmar era stato ministro dell’Istruzione e capo del Governo. Proprio la formazione del credente Hammarskjöld gli consentì di essere un uomo libero, e l’essere un uomo libero gli permise di guidare le Nazioni Unite in un periodo complesso e fitto di rischi per il mondo: dalla Guerra di Corea all’uscita dal maccartismo alle tensioni in Medio Oriente.

Il pastore Franco Giampiccoli ha pubblicato un libro (Dag Hammarskjöld. Un credente alla guida dell’Onu, Claudiana, 2005) nel quale riferisce dell’importanza che il segretario dava agli articoli 98 e 99 della Carta dell’Onu: essi «prevedono l’uno che il segretario generale “svolga quelle funzioni che gli saranno affidate dagli organi dell’Onu”, e l’altro che al segretario generale (…) “sia espressamente conferito un largo margine di iniziativa”». In questo modo l’impostazione che egli diede al proprio ruolo e alla stessa Onu si basavano su un «superamento del neutralismo amministrativo strettamente inteso». Un salto di qualità, insomma, nell’opera delle Nazioni Unite, per un incarico svolto con la consapevolezza di essere uno strumento sollecitato da Dio stesso, ma al tempo stesso con umiltà e coscienza dei propri limiti.

La personalità del credente Hammarskjöld, a cui è stato tributato il Premio Nobel per la pace alla memoria nell’anno della morte, è stata resa accessibile anche dal ritrovamento del diario spirituale, ora pubblicato dalle edizioni Qiqajon della Comunità monastica di Bose con il titolo Tracce di cammino (1992-2005).

Al pastore Giampiccoli abbiamo chiesto un commento sulla notizia della eventuale riapertura delle indagini (si tratta di una risoluzione presentata dalla Svezia all’Assemblea generale: se approvata impegnerebbe l’attuale segretario generale Ban Ki-Moon a renderla operativa): «A segnare una svolta determinante della sua vita – ci ha detto Giampiccoli –, nel Diario testimone postumo del fondamento evangelico della sua vita, Dag Hammarskjold citò alcuni versi di un bell’inno scandinavo: “Per quello che è stato – grazie! Per quello che sarà – sì!”. Questa spinta così decisa lo condusse ad affrontare le sfide del suo lavoro senza risparmio. È rallegrante la notizia che un’ulteriore indagine possa essere aperta sull’incidente aereo che gli costò la vita. Esso non fu dovuto a caso o fatalità, bensì a precise responsabilità di attentatori tuttora seminascosti dei quali la storia reclama il nome».