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Il punto d’incontro tra rock ed elettronica si chiama Moseek

Di giovanissima formazione, i romani Moseek si incontrano a metà strada tra il rock e l’elettronica. Era il 2011 quando Elisa Pucci, Fabio Brigone e Davide Malvi si incontravano per dare vita al loro personale progetto musicale, che partendo dal classico trio rock, aggiunge elettronica e suoni sintetici anche molto raffinati, che in alcuni casi stemperano un sapore metallico, in altri inacidiscono la miscela rendendola più oscura e baluginosa.

Un crocevia di stili i cui confini però sono evidentemente fluidi e mobili, ed è proprio in questa zona di confine che si muove il terzetto della capitale, giocando con il suono e divertendosi a sperimentare soluzioni originali, ma sempre ampiamente orecchiabili, nelle quali la facilità d’ascolto è probabilmente la chiave che apre le porte ad una fruizione sempre coinvolgente.

C’è un istinto di base che in effetti, partendo da un’idea di chitarra e voce, lascia pensare ad una genesi quasi cantautorale, ma la cottura successiva e l’aggiunta degli aromi sintetici cambia volto ad un prodotto che però, sotto la superficie, mantiene un pulsante cuore sanguigno e digrignante.

Una nota interessante, oltre al suono degli strumenti, è quello della voce femminile, che riesce ad interpretare bene vari stati d’animo legandosi con naturalezza alla trama musicale più elettronica, portando avanti quasi un dialogo tra se stessa ad un interlocutore invisibile, un modo interessante per raccontarsi ma lasciando spazio anche per l’ascoltatore, che non viene incluso ma invitato ad osservare.

I Moseek uniscono suoni ed immagini, seguendo da questo punto di vista la strada del pop e puntando su un’elaborazione dell’immagine che deve non soltanto rappresentare la band, ma anche i singoli pezzi, e i singoli momenti di ogni brano, che proprio per lo spirito curioso della formazione può cambiare repentinamente da un passaggio all’altro, catapultando in mondi differenti nel giro di un paio di battute.

Leaf, l’album d’esordio, racconta molto dei Moseek e del loro progetto, e va quindi apprezzato per la completezza espressiva che offre, e per l’ampia gamma di possibilità d’ascolto. Sicuramente un progetto per chi è dotato di larghe vedute e non è purista di nessun genere in particolare, ma proprio la contaminazione è il punto forte di un lavoro intrigante e sostenuto.