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Attualità del pensiero di Albert Schweizer

Nel 2015 sarà celebrato il 50° anniversario della morte di Albert Schweitzer (1875-1965), il grande filosofo-teologo protestante, medico-missionario in Africa e apostolo del «rispetto per la vita».

Se in Italia non è del tutto dimenticato lo dobbiamo alla passione e al tenace lavoro di Alberto Guglielmi Manzoni, valdese di San Remo, autore della migliore biografia intellettuale del grande alsaziano1. È uscita da pochi mesi la sua ultima fatica: la prima traduzione integrale italiana della sua opera filosofica fondamentale: la Kulturphilosophie (primi due volumi del 1923, poi ripubblicati nel 1990 con il titolo Kultur und Ethik)2. Un libro che ebbe una lunga e travagliata gestazione: abbozzato idealmente negli ultimi anni dell’Università (1900), fu rimeditato lungamente nel primo soggiorno a Lambaréné in Africa, durante la costruzione del primo Ospedale (1914-17), prima della deportazione in Francia negli anni di guerra, come prigioniero politico.

Scrive Schweitzer: «L’Illuminismo e il razionalismo del XVIII secolo avevano formulato ideali etici razionali che avevano iniziato a confrontarsi con la realtà e a cambiarla. Ma intorno alla metà del XIX secolo questo confronto con la realtà si è affievolito e gradualmente spento. Perché è accaduto? Per il fallimento della filosofia. Schiller, Goethe e altri hanno dimostrato che il razionalismo era più una filosofia popolare che una vera filosofia. Ma non sono stati in grado di sostituire ciò che andavano demolendo con un pensiero nuovo capace di mantenere, con la medesima forza, le idee di civiltà presso l’opinione pubblica».

Le scienze della natura hanno poi finito per ribellarsi e, con l’entusiasmo del popolo che ricerca la verità delle cose, hanno abbattuto le sontuose costruzioni della fantasia. Ormai veniva considerato contenuto di verità solo ciò che le scienze descrittive andavano scoprendo del reale. Il razionalismo era liquidato e con lui scompariva anche la prospettiva ottimistica ed etica che aveva annunciato e che era in grado di orientare il destino del mondo, dell’umanità, della società e dell’individuo».

La rivoluzione industriale ha completato l’opera. «Molti individui vivono ormai semplicemente come macchine di produzione e non più come uomini. Tutto ciò che si dice sul valore morale e spirituale del lavoro non significa nulla per loro. Il costante eccesso di lavoro cui è sottoposto l’uomo moderno ha come conseguenza che la dimensione spirituale inaridisce in lui e cade sempre più vittima del bisogno di distrazioni superficiali». Sembra di vedere Charlot in Tempi moderni. E ancora:

«Ci sfugge ogni nostra affinità con il prossimo: per questo ci stiamo avviando sul cammino della disumanità. Ogni qualvolta scompare la coscienza che ogni uomo, in quanto tale, un poco ci riguarda, la civiltà e l’etica cominciano a vacillare: l’inesorabile diffondersi della disumanità è pertanto solo una questione di tempo».

Dieci anni prima dell’ascesa al potere di Hitler questo pensiero ci appare profetico: «Quante espressioni di violenza, talvolta sottili, talvolta feroci, si sono rivelate come verità razionali sugli uomini di colore e hanno poi raggiunto l’opinione pubblica!».

«Al nazionalismo è imputabile la catastrofe che so è abbattuta su di noi e che determina il decadimento della nostra civiltà. Che cos’è il nazionalismo? Un patriottismo impuro e spinto sino all’assurdo che sta rispetto al patriottismo nobile e sano come un’idea folle sta a un principio razionale. Vengono dogmaticamente asserite ed elucubrate presunte differenze razziali di carattere intellettuale con una tale caparbietà che questi discorsi insulsi diventano un’ossessione e a dichiarata superficialità di un popolo appare come una malattia immaginaria». Qui si sente avvicinare l’epoca de Mein Kampf! «Ci vuole un nuovo orientamento spirituale che sia capace di appianare i conflitti tra i popoli e all’interno delle nazioni in modo da rendere possibili i presupposti di una nuova civiltà». Questo nuovo orientamento spirituale è il «rispetto per la vita».

Già in un sermone predicato nel 1919 a Strasburgo Schweitzer aveva detto: «L’amore per le creature, il rispetto per qualsiasi essere vivente, la partecipazione a ogni vita: questi sentimenti non ci devono essere estranei. Non possiamo avere che rispetto per tutto quanto si chiama vita: ecco l’inizio e il fondamento di tutta l’eticità». Questa voce illuminata si è spenta cinquant’anni fa ma parla ancora oggi: è straordinariamente attuale per chi la vuole ascoltare!

 

1. A. Guglielmi, Albert Schweitzer, Ventimiglia, Philobiblon, 2003.

2. A. Schweitzer, Filosofia della civiltà, traduzione di A. Guglielmi Manzoni, Roma, Fazi, 2014, pp. 380, euro 19,00. Il significato del termine tedesco Kultur è più ampio del corrispondente italiano «cultura» e si preferisce quindi tradurlo «civiltà».

Fonte copertina: “Bundesarchiv Bild 183-D0116-0041-019, Albert Schweitzer” di Ignoto – Questa immagine è stata donata a Wikimedia Commons dall’Archivio Federale Tedesco (Deutsches Bundesarchiv) come parte di un progetto di cooperazione. Con licenza CC BY-SA 3.0 de tramite Wikimedia Commons.