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USA. Contro il razzismo e a favore della giustizia in marcia anche i leader religiosi

Da Washington Dc a New York, da San Francisco a Chicago, a marciare lo scorso 14 dicembre al grido di «Justice for all», insieme alle decine di migliaia di dimostranti scesi in piazza contro il razzismo di Stato, c’erano anche numerosi leader religiosi. Alle iniziative in tutto il paese, anche loro, insieme alle loro congregazioni, hanno cantato gli slogan «I can’t breathe» (non riesco a respirare) e «Hands up, don’t shoot!» (mani in alto, non sparate). Anche loro a New York hanno messo in scena dei «die-in», una forma di protesta nella quale i partecipanti fingono di essere morti, stendendosi a terra. A Washington Dc hanno marciato a fianco dei familiari di Michael Brown ed Eric Garner, i due afroamericani recentemente uccisi da poliziotti bianchi che, dopo la decisione dei rispettivi Grand Jury, non affronteranno alcun processo. A tutti coloro che hanno perso i loro cari in circostanze analoghe, migliaia di congregazioni in tutto il paese hanno deciso di dedicare il culto domenicale al tema «Black Lives Matter», un hashtag diffuso sui social di tutto il mondo, a significare che la vita di un nero non ha minore valore di qualsiasi altra vita. E in occasione del «National Black Solidarity Sunday» alcune chiese membro del Consiglio nazionale delle chiese USA (Nccusa), tra cui le chiese metodiste episcopali africane e della Zion Church, hanno invitato i propri membri di chiesa a vestirsi completamente di nero.

Intanto, a livello nazionale il segretario generale del Nccusa Jim Winkler ha espressamente chiesto alle chiese membro di avviare una discussione, che sia “approfondita e onesta”, sul “razzismo sistemico” presente negli Stati Uniti.

E’ dello scorso 8 dicembre, invece, un lungo ed articolato appello di 34 leader della Chiesa americana battista (Abcusa) per una rivisitazione del sistema penale statunitense e delle sue istituzioni. Un sistema penale “evidentemente infetto da un razzismo virulento”, si legge nell’appello che punta il dito contro una “giurisdizione che soffre di una perversione”: permette cioè che il comportamento criminale, invece di essere perseguito, venga difeso. Un dato di fatto “che sovverte i mezzi giudiziari nel determinare la colpevolezza e l’innocenza”. Constatando “con tristezza che il razzismo figura tra gli esempi più pervasivi del peccato nel nostro paese”, i firmatari dell’appello – tra cui il segretario generale della Abcusa, il pastore Roy Medley – “esprimono la loro solidarietà, insieme ad altri cristiani e partner ecumenici e interreligiosi, a tutti gli afroamericani che continuano a vivere nella paura di un razzismo ignorante, innato, istituzionale che tutti i giorni minaccia la vita di milioni di giovani uomini, donne, bambini neri”. (fonte Nev)

Copertina: Foto by Sarah Goodyear via Citylab