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Accadde oggi, 18 dicembre

Il 18 dicembre 1999 moriva, all’età di 98 anni, il regista Robert Bresson. Sazio di giorni, forse, ma senza essere riuscito ad appagare la volontà di scavare nell’animo umano, di indagare i meccanismi attraverso i quali uomini e donne cercano se stessi, si cercano vicendevolmente, cercano Dio. A volte non si trovano né si incontrano, a volte cercando una verità ne scoprono un’altra: il più delle volte, come Bresson stesso, compiono percorsi tortuosi per arrivare all’oggetto della loro ricerca, a condizione che intervenga un qualche elemento esterno a loro, indipendente dalla loro volontà, tale da modificare il corso delle loro vicende.

Così il cavaliere della tavola rotonda (Lancillotto e Ginevra, 1974) vorrebbe misurarsi con Dio andando alla ricerca del Sacro Graal (che secondo la leggenda avrebbe contenuto il sangue di Cristo), ma intanto è amante della regina pur essendo devoto al proprio re Artù; un giovane onesto viene messo sulla cattiva strada da una banconota falsa (L’argent, 1983, da Tolstoj); un detenuto nella Francia occupata riesce a evadere dopo essersi confrontato con l’ingiustizia del mondo e con la Bibbia (Un condannato a morte è fuggito, 1956); Giovanna d’Arco ribadisce la sua convinta fede in Dio accompagnata dalla sfiducia nella Chiesa e nei suoi burocrati (Il processo di Giovanna d’Arco, 1960); un borsaiolo paga fino in fondo la propria condotta illecita ma riesce a farsi aspettare «fuori» dalla ragazza che ama (Pickpocket, 1959) e l’indimenticabile curato ricavato da Bernanos offre a Dio la propria (breve) vita di sofferenza (Diario di un curato di campagna, 1950).

Interpretato da parte laica come un regista cattolico che si è arreso al Male e alla non-esistenza di Dio, i suoi film scarni e rigorosi sono stati letti con faciloneria da quanti hanno visto una vera e propria via crucis dietro ogni esistenza tragica dei suoi personaggi: un’interpretazione che dimentica la vera e propria predicazione che alcuni di essi mettono in opera nei vari film: il sacrificio accompagna la testimonianza, non la sostituisce; ma soprattutto la porta è aperta per quella grazia che, dall’ispirazione di un cattolicesimo molto problematico debitore del giansenismo, caratterizza la poetica di un grande del cinema moderno.

Foto: “Diario di un ladro” di Johnny Freak – fotogramma autoprodotto. Con licenza Copyrighted tramite Wikipedia.