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Combattere la corruzione partendo dalla responsabilità del singolo

Da pochi giorni Roma e il Lazio sono stati sconvolti dall’indagine “Mondo di mezzo”, che ha portato all’arresto di 37 persone tra cui diversi esponenti della destra romana. Al centro dell’inchiesta un sistema di corruzione su appalti e finanziamenti pubblici dal comune di Roma e dalle aziende municipalizzate: tra gli indagati, infatti, c’è anche l’ex sindaco della città Gianni Alemanno. Nel recente rapporto di Transparency International sulla corruzione percepita, l’Italia appare al 69esimo posto nella classifica mondiale: la peggiore di tutta l’Europa. Poche settimane fa i leader dell’Alleanza mondiale evangelica (Wea), del Consiglio ecumenico delle chiese, della Società biblica, della campagna “Micah Challenge” contro la povertà e dell’Esercito della salvezza hanno consegnato ai capi di stato del G20, riuniti in Australia, la richiesta di intraprendere con forza azioni contro la corruzione nei vari paesi.

Abbiamo chiesto al pastore valdese di Milano Giuseppe Platone di leggere queste tre notizie sotto un’unica lente.

Cosa ne pensa delle notizie sulla corruzione a Roma?

«Non ne possiamo più: la pressione fiscale sui cittadini onesti è diventata insopportabile con risvolti tragici, soprattutto se confrontati con i dati scandalosi dell’evasione fiscale e della corruzione. La documentazione prodotta dai Ros a Roma su mafia e appalti ci mette di fronte al nero su bianco. Certo il problema è anche giuridico: questo influenza molto la percezione della corruzione, ma anche la stessa percezione della legge e della sanzione penale. Non è possibile che la giustizia sia così lenta, perché si vanifica il lavoro dei magistrati, oltre a influenzare la percezione dei cittadini».

La classifica di Trasparency evidenzia anche caratteristiche culturali?

«Ai primi posti ci sono paesi come Svezia, Danimarca, Finlandia e Olanda, paesi molto legati alla cultura protestante, dove è la coscienza personale che si confronta con Dio e non vuole avere una doppia morale (con il prossimo e con Dio) e quindi non ha questa attitudine all’opportunismo, alla declamazione, alla dichiarazione diversa dalla realtà. Nei paesi a forte tradizione protestante le cose sono diverse, il dialogo e il confronto sono più concreti: non voglio dire che ciò che è protestante sia bene per forza, ma in Italia siamo in deficit di conoscenza, anche dal punto di vista religioso e teologico, di quella cultura che nasce dal confronto della coscienza con la realtà di Dio, per i credenti, o della responsabilità individuale e delle conseguenze che derivano dalla nostra condotta anche per chi non crede. Su questo abbiamo molto da lavorare, anche in chiave ecumenica. Noi valdesi o abbiamo qualcosa da dire adesso, o siamo dei luoghi di trasparenza, di verità e autenticità, altrimenti ci accodiamo alla retorica religiosa: bisogna creare un’inversione di tendenza. La rivoluzione culturale deve partire da noi, come singoli e come chiese».

A Milano state per arrivare l’Expo, che ha già avuto episodi di tangenti: come osservate questo evento?

«L’Expo sarà la fiera delle vanità, ma vorremmo che fosse anche un’occasione per avviare reali cambiamenti nelle relazioni economiche e sociali, e nelle politiche locali e nazionali. Come cristiani dobbiamo agire in rete: stiamo riflettendo sui temi dell’Expo, per esempio il tema di nutrire il pianeta ci parla di giustizia ed eticità, di squilibri e ingiustizia. A Milano abbiamo una serie di proposte per i mesi dell’Expo: 17 chiese della città, che lavorano insieme da 15 anni, inviteranno le persone a partecipare alle iniziative nelle diverse chiese sui temi del cibo, della giustizia e della convivenza».

Come si inserisce nel discorso la lettera dei cristiani al G20?

«La lettera aperta diretta ai capi di Stato è importante. Accodandoci all’appello che è stato rivolto abbiamo dato un segnale importante, contro la cultura dell’emergenza che mette rattoppi. Certamente è una vergogna nei rapporti con le altre chiese, e sono riconoscente a chi lotta contro questa corruzione, ma bisogna fare un lavoro più approfondito. Non dobbiamo perdere il dialogo, c’è anche un’altra Italia, non corrotta. Noi denunciamo la corruzione, ma preghiamo anche per i “cattivi”, perché non ci sono buoni e cattivi: dobbiamo essere seri e onesti con noi stessi e dire che siamo anche noi complici con l’indifferenza. Dove eravamo quando ci scippavano un servizio pubblico, quando ci rubavano una risorsa? La responsabilità personale si deve mettere in primo piano, per attuare il cambiamento».

 

Fonte: “Piazza del Campidoglio Roma” di JensensOpera propria. Con licenza Public domain tramite Wikimedia Commons.