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No alla macdonaldizzazione del culto

Dal 1973, con la “concordia di Leuenberg”, le chiese della Riforma hanno ritrovato la piena unità che, nel XVI secolo, era stata compromessa soprattutto dalla diversa interpretazione che luterani e riformati avevano del sacramento della Cena. Sono passati più di quarant’anni, le chiese firmatarie della Concordia di Leuenberg (luterani, riformati, metodisti e chiese unite) hanno creato un organismo unitario, la Comunione di chiese protestanti in Europa (Cpce), eppure le diverse chiese protestanti continuano a celebrare il culto in modi molto diversi. E’ un problema? “No, la molteplicità di forme liturgiche non è un problema – il vero problema è se il Cristo sia riconoscibile nei nostri culti”. Questa affermazione del liturgista riformato svizzero Ralph Kunz potrebbe essere la sintesi della prima Consultazione liturgica della Cpce, che si è svolta dal 26 al 28 novembre a Hildesheim (Germania) presso il Monastero di San Michele, attualmente centro per il culto e la musica della Chiesa luterana di Hannover.

Quarantacinque esperti di liturgia, provenienti da 15 paesi europei, hanno preso parte all’incontro. Il programma comprendeva due relazioni principali (oltre a Kunz, quella del luterano Jochen Arnold, direttore del centro di Hildesheim e responsabile della Cpce per le questioni liturgiche), rapporti sul rinnovamento del culto protestante in vari paesi (tra cui l’Italia), aggiornamenti su iniziative liturgiche e musicali a livello europeo (per esempio, i culti che celebreranno il quinto centenario della Riforma nel 2017) e, naturalmente, molti momenti di preghiera e di canto comune, nella splendida cornice della chiesa romanica di San Michele, completamente restaurata qualche anno fa in occasione dei mille anni dalla sua costruzione.

La diversità non è dunque un problema, anzi è una ricchezza, ha detto Ralph Kunz, che ha messo piuttosto in guardia contro un appiattimento, una “macdonaldizzazione” delle liturgie. Non bisogna aver paura neanche delle nuove forme di culto, quelle che in ambito britannico vengono definite “fresh expressions”, espressioni fresche fondate sulla spontaneità e sulla partecipazione di tutti. Nella stessa linea andava la relazione di Arnold sulla musica come “lingua del cuore e suono del cielo”: nella liturgia cristiana c’è spazio per ogni espressione musicale, dal gregoriano alla musica pop, purché serva all’annuncio dell’Evangelo. Parafrasando sant’Agostino (“Chi canta prega due volte”) Arnold ha affermato: chi canta annuncia due volte l’Evangelo.