old-age-360714_1280

Tagli alla sanità: conseguenze psicologiche e possibili vie d’uscita

Maria Gabriella Fornero, psicologa clinica, musicista e musicoterapeuta, da diversi anni si occupa di riabilitazione per adulti e bambini con danni neurologici in provincia di Torino, nel Pinerolese. Nel suo libro I colori dei suoni. La musica nella riabilitazione fisica e psichica (pubblicato nel 2013 dalla casa editrice torinese Antigone), presentava numerosi casi di bambini con gravi danni alla nascita, di malati psichici, di malati di sclerosi multipla, che hanno visto ridurre sensibilmente i sintomi delle loro patologie. Dall’uscita del libro i casi da lei documentati sono aumentati ulteriormente, ma il progressivo smantellamento dei servizi sanitari locali rischia di vanificare gli sforzi e i progressi compiuti. La sua denuncia riguarda soprattutto la non considerazione degli effetti psicologici di un’ospedalizzazione lontana dal territorio di residenza.

«La mia professione di psicologa specializzata nel campo della riabilitazione fisica e psichica si è svolta molto nelle valli Pellice e Chisone, per cui non ho potuto non essere toccata da quanto si è detto e fatto riguardo agli ospedali valdesi. Il loro smantellamento appare come una violenza al territorio che li ha visti sorgere, ma soprattutto dopo quanto queste strutture hanno dato agli utenti. Le decisioni sui tagli per produrre risparmio sono troppo lontane dai dati reali che, se considerati, permetterebbero un’inversione di marcia».

Perché le conseguenze di questi tagli sono particolarmente gravi?

«L’ospedale di Torre Pellice è un’eccellenza nella riabilitazione e, con quello di Pomaretto in val Chisone, permette un alleggerimento della mole di lavoro diagnostico e lo snellimento dei tempi d’attesa. Se tutto confluirà sull’ospedale di Pinerolo questo non potrà reggere, e tutto scivolerà verso Torino, con ulteriori problemi. Ma quand’anche il progetto di chiusura di questi ospedali funzionasse a meraviglia, perché non si considerano minimamente gli aspetti psicologici ed emotivi dei pazienti? Io denuncio il fatto che, ancora una volta, non vengono affatto tenuti in considerazione aspetti molto importanti per le persone, i loro vissuti e lo sradicamento dal territorio per farsi curare».

Quali sono le conseguenze di un’ospedalizzazione lontano dal proprio territorio?

«Una persona ricoverata deve fare i conti col dolore fisico e l’ansia legata alla diagnosi, all’esito dell’operazione e della cura. Se rimane nel territorio dove vive, avrà più presenti e vicini i parenti, magari conoscerà qualcuno del personale e il suo medico di base potrà visitarla e accompagnarla verso la guarigione. Ma se questa persona sarà ricoverata a parecchi chilometri, si sentirà sradicata dal suo territorio, i familiari faranno più fatica a raggiungerla e staranno meno tempo con lei; amici e conoscenti non le faranno visita. Troppe volte mi è capitato di avere a che fare con bambini che, pur avendo a Pinerolo un ottimo reparto pediatrico, sono stati ricoverati al “Regina Margherita” di Torino: questo ha creato disagi notevoli ai genitori, amici e conoscenti non sono andati a trovarli, il loro pediatra di base non è stato informato. Spesso ho colto i vissuti di solitudine di questi genitori, l’immensa ansia che non hanno potuto condividere con altri. È chiaro che anche questi aspetti incidono sull’evolversi della malattia, su come viene affrontata, sui tempi di guarigione».

Qual è l’impatto psicologico che lei ha riscontrato nel suo lavoro con i malati di sclerosi multipla?

«Nelle Valli ho seguito persone paralizzate e con sclerosi multipla anche avanti con gli anni, hanno dovuto attrezzare un mezzo di trasporto con sollevatore per sedia a rotelle, spesso a spese loro, ma se il malato sarà ricoverato lontano da casa il coniuge avrà difficoltà a essere presente, spaventato dalla distanza o dagli spostamenti. L’accesso alla riabilitazione o alla fisioterapia non può essere disgiunto dal territorio di vita degli utenti, un ospedale in una valle è un riferimento importante, anche psicologico. Nel mio libro ho scritto di come gli ammalati di sclerosi multipla, soprattutto i più giovani o con la malattia diagnosticata da poco, possono veder ridotti i sintomi attraverso un lavoro psicologico su di essi, ma la psicologia pare non avere alcuno spazio nella sanità italiana.

Eppure la mente e il corpo sono strettamente correlate. Si sa da lavori come quelli di Lanius, Vermetten e Pain raccolti nel libro L’impatto del trauma infantile sulla salute e sulla malattia che vi è una sorta di “epidemia nascosta” che nessuno pare voler vedere: basterebbe tenere in conto le emozioni e i vissuti psichici dei malati e fare diagnosi considerando l’individuo nella sua dimensione psicofisica».

Quali possono essere le vie d’uscita?

«È incredibile che negli Stati Uniti il presidente Obama si sia battuto per avere una Sanità pubblica e noi in Italia ne stiamo svendendo le eccellenze: le strade per ridurre le spese sono prevenzione e ricerca. Dopo aver lavorato per anni con i malati di sclerosi multipla, elaborando ipotesi sulle possibili cause della malattia, ma soprattutto dopo aver visto dei risultati notevoli… non ci sono finanziamenti per ulteriori ricerche. Confesso che un mio sogno sarebbe poter svolgere una ricerca proprio nei tre ospedali valdesi di Torre Pellice, Pomaretto e Torino, sui numerosi ammalati di sclerosi multipla presenti sul territorio, poterli seguire e pubblicare gli esiti della ricerca sarebbe una bella rivincita. Utilizzando proprio quegli spazi e dimostrare quanto possono dare, potrebbe essere una carta a favore degli ammalati del territorio, che troverebbero giovamento e sarebbero d’insegnamento a chi fa i conti sulla loro pelle».  

Foto via