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Il futuro delle Alpi è nella green economy. Ma a quali livelli?

Si è tenuta a Torino la XIII Conferenza delle Alpi, l’organo che prende le decisioni più importanti nell’ambito della Convenzione delle Alpi, il trattato internazionale sottoscritto dagli otto Stati alpini che si affacciano sull’arco alpino: Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Principato di Monaco, Slovenia e Svizzera nonché dalla Comunità Europea con l’obiettivo di garantire una politica comune dell’area. Nata nel 1991, il suo obiettivo consiste nel valorizzare il patrimonio comune delle Alpi e nel preservarlo per le future generazioni attraverso la cooperazione transnazionale tra i Paesi alpini, le amministrazioni territoriali e le autorità locali, coinvolgendo la comunità scientifica, il settore privato e la società civile.

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A Torino venerdì scorso c’è stato il passaggio di consegne tra la presidenza italiana che l’ha tenuta nel biennio 2013-2014 e quella tedesca.

«Grazie al ruolo svolto in questi anni dalla Convenzione delle Alpi – ha detto l’assessore all’Ambiente della Regione Piemonte Alberto Valmaggia – si è affermata una visione culturale che mira a contrastare il fenomeno dello spopolamento nelle aree alpine valorizzandone il grande patrimonio di risorse agrarie, idriche, forestali, ambientali e paesaggistiche a partire dal coinvolgimento degli abitanti, delle imprese, delle associazioni e degli enti locali. Un’opera fondamentale anche per prevenire il dissesto idrogeologico grazie alla cura e al presidio delle popolazioni montane, sempre attente al rapporto con la natura».

Il grande dilemma dei prossimi anni sarà come conciliare lo sviluppo alpino con la salvaguardia del suo ambiente naturale; come garantire uno sviluppo sostenibile tramite la green economy senza che questo sia troppo invasivo. Le questioni aperte sul tavolo sono molte come il progetto di una nuova funivia sul monte Rosa che ha fatto infuriare Legambiente e il gruppo Noi nelle Alpi.

Le Alpi sono il serbatoio d’acqua potabile per 50 milioni di cittadini europei e uno dei settori economici più importanti per le Alpi è la produzione di energia elettrica dai fiumi.

In Italia però associazioni ambientaliste, culturali e tecnico-scientifiche e comitati di cittadini hanno sottoscritto un appello nazionale per la salvaguardia dei fiumi dall’eccesso di sfruttamente idroelettrico.

L’arco alpino si estende per 1200 km. Da sole, Austria e Italia rappresentano più del 55% del territorio della Convenzione in cui vivono 14 milioni di persone, visitate ogni anno da 120 milioni di turisti.

Ma gli organismi internazionali come la Convenzione delle Alpi quanto e come incidono sulla vita della popolazione alpina? «Per chi abita e lavora in montagna – ci spiega Marco Fraschia presidente del Cai Uget Val Pellice – come ad esempio gli allevatori sarebbe necessaria meno burocrazia. Ormai i margari passano più tempo negli uffici che non insieme alle bestie. Oppure, prendono i contributi europei ma poi non seguono le madrie o le abbandonano negli alpeggi. Questo succede con allevatori non locali ad esempio in val Chisone o Germanasca, meno in val Pellice dove gli allevatori rimangono quasi esclusivamente del luogo. Per quanto riguarda il turismo invece sarebbe necessario investire di più nella conservazione dell’esistente, non erogare contributi solo alla realizzazione dei nuovi sentieri, ma investire e stanziare contributi per preservare e manutenere ad esempio gli attuali sentieri. Ora invece vengono stanziati fondi solo per le nuove realizzazioni».

Foto Radio Beckwith