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Maltempo a Chiavari: un popolo multireligioso porta speranza a chi ha perso tutto

È un lunedì di novembre insolitamente mite, siamo in allerta 2 in tutta la Liguria. All’improvviso inizia a piovere in un modo violento e l’acqua che dà la vita diventa uno strumento di distruzione che porta sgomento, morte, costernazione e sofferenza. In poche ore la pioggia su Chiavari e le vallate interne che la circondano provoca l’esondazione del fiume Entella e del torrente Rupinaro. I danni sono ingenti in città, negozi distrutti, cantine e garage allagati, fango dappertutto, e nell’interno ancora peggio, smottamenti e frane che causano due morti e più di un centinaio di sfollati. Dalle finestre di casa nostra in Corso Garibaldi abbiamo visto l’acqua trascinare di tutto e riempire le zone più basse della nostra cittadina ancora senza acqua potabile. Il giorno dopo si mostra ai nostri occhi una situazione dantesca, siamo notizia di apertura nei giornali e telegiornali nazionali. La città si sveglia testarda e reagisce al disastro con la forza calma della disperazione, perché siamo disperati non possiamo permetterci di mollare, di darla vinta all’acqua e al dissesto di cui siamo tutti un po’ colpevoli e vittime. Perché non si tratta soltanto di una calamità naturale. Ma non è il momento di speculare né di assegnare responsabilità, ma di rialzarsi e di tentare di nuovo senza smettere di vivere. Ecco apparire ovunque dei ragazzi e ragazze, degli uomini e delle donne, un esercito pacifico armato di vanghe, scope, badili, gli strumenti della quotidianità, della pulizia, dell’immediatezza.

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Li chiamano da queste parti tanto avvezze alle esondazioni, alle frane, “Angeli del fango”. Eccoli a vangare nel fango insieme ai mezzi dell’esercito italiano, della protezione civile, dei vigili urbani delle città sinistrate (Chiavari, Leivi, tutta la Val Fontanabuona), dei vigili del fuoco (ho visto mezzi provenienti anche da Biella, Padova e Genova), un esercito unanime e solidale, pacifico e umano. Tra questi giovani “angeli del fango” vedo alcuni dei nostri giovani, altri ragazzi che conosco delle diverse parrocchie della città, della chiesa evangelica di Lavagna, riconosco addirittura alcuni giovani della chiesa battista di Rivoli, tutti impegnati a sgombrare e pulire, a portare speranza a chi ha perso tutto, italiani e stranieri insieme, un popolo multireligioso e multiculturale. Mi sento felice di appartenere a questa comunità, di esserne parte, perché avrà un futuro sempre chi riesce a integrare, chi amalgama in comunità una società dove tutti si sentono partecipi ad un progetto comune. Questo ha portato nel dolore immenso della tragedia questa risposta unanime che non cerca di apparire, ma di essere una vera comunità.

Si ringrazia Tigullio News, curato da Paolo della Sala, per le fotografie di alcuni angeli del fango che vogliono rimanere anonimi