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Gli Usa nel mirino del comitato Onu contro la tortura

l comitato dell’Onu contro la tortura è riunito dal 3 novembre, e lo sarà fino al 28, a Ginevra, per esaminare le misure adottate da diversi paesi nella prevenzione e punizione di questo tipo di abuso.

I rappresentanti di Svezia, Ucraina, Venezuela, Australia, Burundi, Stati Uniti, Croazia e Kazakistan stanno esponendo i loro sforzi volti a soddisfare i dettami della Convenzione contro la tortura, approvata all’unanimità dall’Assemblea Generale dell’Onu trent’anni fa, nel 1984.

Gli Stati periodicamente devono essere presentati ed esaminati dal comitato, un corpo composto da 10 esperti, che deve vigilare sulla corretta applicazione della Convenzione .

Le audizioni si stanno tenendo presso il palazzo Wilson, sede dell’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Particolare attenzione da parte dei media viene riposta nelle presentazioni dell’Ucraina e degli Stati Uniti. La prima perché il Paese è devastato da un conflitto interno ed internazionale che rischia di minare le tutele dei prigionieri, e la seconda perché gli Usa sono da anni nel mirino del comitato così come delle maggiori organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani per l’uso e l’abuso di pratiche non lecite, quali le torture, sotto il cappello giustificativo della lotta internazionale al terrorismo. Amnesty International ad esempio ha consegnato al comitato una propria relazione per sostenere che, nonostante gli impegni sulla carta, nulla hanno fatto i governi Bush e Obama per migliorare le condizioni dei prigionieri (Guantanamo valga come esempio, ma sono decine i campi simili sparsi per i 5 continenti).

Fra le violazioni perpetuate dalle forze di Washington le principali secondo la relazione di Amnesty sono l’uso del waterboarding (di fatto, una finta esecuzione con interruzione dell’annegamento) e di altre cosiddette «tecniche rinforzate d’interrogatorio», e il programma di detenzioni segrete della Cia. «Le schiaccianti prove sulle multiple violazioni dei diritti umani commesse, – esemplifica Zeke Johnson di Amnesty International Usa – compresi crimini di diritto internazionale, non hanno dato luogo ad alcuna indagine e i responsabili continuano a beneficiare dell’impunità. Il vuoto di responsabilità è veramente impressionante. L’assenza di verità, di riparazione e di responsabilità circa l’uso della tortura e delle sparizioni forzate da parte degli Usa rappresenta un grave affronto allo stato di diritto e al rispetto dei diritti umani. Ci auguriamo sia questa l’occasione per iniziare finalmente il mea culpa»