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Due anni determinanti per la nascita del cristianesimo

Due anni. Quelli che il testo biblico (Atti 24, 27) passa sotto silenzio, quando narra delle traversie di Paolo, arrestato nel tempio di Gerusalemme e trasferito a Cesarea, al cospetto del governatore Felice. Allo scadere di questo periodo Paolo si troverà di fronte non più Felice bensì il successore Porcio Festo. Siamo nelle pagine centrali (in tutti i sensi, p. 326 sulle 630 totali) dell’ultimo libro di Emmanuel Carrère, l’autore, fra l’altro, di «La settimana bianca», «L’avversario», «Limonov» (Adelphi) e di «Vite che non sono la mia» (Einaudi). A «Le Royaume»*, molto discusso in Francia dove è uscito a metà settembre, avevamo già accennato sulla base delle anticipazioni. Ma il carattere della sua scrittura, che si basa sempre su esistenze reali, richiedeva la lettura diretta per capire le motivazioni di un’indagine tanto corposa sulla nascita del cristianesimo.

Quelli di cui si diceva sono due anni su cui manca documentazione, a differenza di molti altri episodi narrati negli Atti degli apostoli. Due anni pertanto, sui quali il romanziere si sente autorizzato a inventare, dopo averci condotti, nelle prime 300 pagine, attraverso fatti vissuti anche in prima persona (il nascere e lo spegnersi di un’esperienza di fede) e di fatti documentati dai testi biblici, dagli storici greci, giudei e romani. Dove la Storia presenta una pagina bianca, poi, va in scena il romanziere; un romanziere, tuttavia, che ci ha abituati a partire sempre alla ricerca di un perché.

E in questo caso la domanda che Carrère si pone fa tremare le vene ai polsi: come è possibile che tanti uomini e donne abbiano incominciato a credere una cosa inverosimile come la resurrezione di uno dei loro? È strano: esistono fior di libri, anche recenti e recentissimi (per l’editrice Claudiana «Resurrezione», 2006: 1000 pagine dedicate alla questione da N. T. Wright, vescovo anglicano di Durham; al pastore valdese Giorgio Bouchard si deve «Il Signore è veramente risorto. Testimonianza tra rivelazione e storia», Effatà, 2011), ma poi difficilmente può essere la lettura di un libro a far cambiare la convinzione di ognuno e ognuna di noi. O si crede, oppure no. In ogni modo, «nessuno sa che cosa sia successo nel giorno di Pasqua, ma una cosa è certa, qualcosa è avvenuto» (p. 353).

Carrère racconta degli anni in cui fece degli incontri fondamentali: una baby sitter fondamentalista fino al fanatismo, una madrina che è anche suora, la psicoanalista che gli farà abbandonare la fede, conosciuti direttamente; e – indirettamente – uno dei massimi scrittori di fantascienza, Philip K. Dick (1928-1982, l’autore del racconto da cui deriva il film «Blade Runner»), di cui scrive una biografia, scrittore letteralmente ossessionato dalla mistica nei suoi ultimi anni. Racconta di avere vissuto tre anni da credente, molto coinvolto (un credente, dice, «hard); e dice appropriatamente che in quegli anni (intorno al 1990) fu «toccato dalla grazia» (p. 21), salvo prendere atto che in un altro momento della sua esistenza questa condizione è venuta meno. Ma non sparirà la curiosità, l’interesse per la materia, tanto che egli sarà, nel 2001, uno dei venti narratori coinvolti nelle traduzioni per la «Bible des écrivains» (ed. Bayard). Ma il centro della questione è nel cuore di ognuno e ognuna di noi, e lo sforzo del letterato è quello di capire se ciò che sta nel proprio cuore (o nell’anima) corrisponda a quello che sta nel cuore o nell’anima altrui: «… non credo che Gesù sia risuscitato (…) Solamente, che lo si posa credere, e il fatto di averlo creduto io stesso, mi intriga (…). Scrivo questo libro per non convincermi di saperla più lunga, non credendo più, di coloro che lo credono e di me stesso quando lo credevo…» (p. 354).

Dopo il resoconto delle esperienze personali, vengano affrontati i caratteri di Paolo, con ampie citazioni dalle sue Epistole, e di Luca, con ampie citazioni dal suo Evangelo e soprattutto dal libro degli Atti: poi, prima dell’epilogo, su cui non diremo, è centrale proprio il resoconto che Luca fa della predicazione e delle traversie di Paolo, questo strano personaggio, forse un po’ arrogante. I discepoli «avevano conosciuto e amato Gesù, Paolo no, ed è lui che viene a spiegare a loro che cosa pensare di lui…» (p. 256).

Molti passaggi saranno noti al lettore credente bene informato e ben strutturato nella sua conoscenza dei testi biblici. Non è scontata invece la dialettica che a ogni pagina Carrère costruisce, come nei suoi precedenti libri, che ruotano tutti intorno a un duplice movimento di interrogazione: in che modo gli individui determinano e orientano il proprio destino? In che modo gli accadimenti della vita determinano e orientano, a volte implacabilmente, le nostre personalità? Certo, parliamo di uno scrittore, celebrato e ben pagato (è anche autore di dialoghi e sceneggiature per il cinema e la televisione), e dunque le vicende che narra sono quasi sempre dei casi-limite, ma esistono casi-limite, maggiormente «limite» della morte e resurrezione di Cristo? Ed esistono vicende in grado di smuovere e mobilitare, nel bene e nel male, milioni di persone nel mondo? E di influenzarne il corso per più di duemila anni? Lasciamoci interrogare da questo scrittore, dunque, perché il suo è anche e forse soprattutto un invito, appassionante ma ineludibile, a leggere o rileggere la Bibbia.

 

* E. Carrère, «Le Royaume», Paris, P.O.L., 2014, pp. 630, euro (in Francia) 23,90. In corso di traduzione presso Adelphi.