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Centinaia di cristiani in Pakistan protestano contro legge su blasfemia

Centinaia di cristiani sono scesi in piazza ieri a Kasur, in Pakistan, la stessa cittadina in cui il 4 novembre è stata arsa viva la coppia accusata di blasfemia. Shahzad Masih e Shama Bibi erano stati linciati dalla folla e gettati in una fornace di mattoni, nell’ennesimo orribile episodio di intolleranza religiosa nel Paese. Alla protesta hanno preso parte donne e uomini di varie confessioni religiose, in prevalenza cristiani cattolici e protestanti, per chiedere giustizia e libertà di fede al governo presieduto da Nawaz Sharif, e a Shahbaz Sharif, fratello del presidente e governatore del Punjab, la regione coinvolta.

Nelle ore immediatamente successive sono state arrestate 44 persone, accusate di aver preso parte all’aggressione, e ben 460 altri individui sono stati denunciati con vari capi d’imputazione. Le centinaia di denunce sono il tentativo del governo centrale di porre un freno alle violenze e placare così le indignate reazioni internazionali. L’elevatissimo numero di partecipanti all’azione punitiva testimonia di contro quanto sia lontano un processo di reciproca accoglienza e convivenza pacifica, ed è questo il motivo principe della manifestazione di ieri: chiedere l’abolizione del reato di blasfemia per porre fine a queste stragi, contro cui la polizia locale può di volta in volta far poco. Altrimenti nessun cristiano potrà mai ritenersi davvero al sicuro all’interno del grande Stato mediorientale, che anzi si sta rivelando fra i più intolleranti.