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Il libro religioso in crisi di vendite

Il mercato librario italiano è in crisi (-14,7% nell’ultimo triennio), e lo è anche l’editoria religiosa (-12,5%). Secondo l’Unione editori e librai cattolici italiani il mercato del libro in Italia perde 212 milioni di euro in tre anni, con un decremento del 14,7%.

Stando al sondaggio «Gli italiani e l’editoria religiosa», condotto dall’Ipsos di Nando Pagnoncelli, il numero di italiani maggiorenni che nel 2013 ha letto almeno un libro di argomento religioso è pari a 5,7 milioni di persone. Rispetto al 2012 ciò indicherebbe un calo del 2,2%, per un ammontare di 1.194.000 lettori in meno.

I libri religiosi letti nell’ultimo anno si assestano sui 10,5 milioni (3 in meno rispetto al 2012). Il libro religioso vale circa 78 milioni di euro, pari al 9% del mercato generale. I titoli di questo settore pubblicati nel 2013 sono stati 5.798, con un incremento dell’8% negli ultimi quattro anni. La produzione occupa stabilmente, da diversi anni, il 6,5% del totale dei libri stampati e vede progressivamente crescere l’interesse degli editori laici che assorbono il 27% del settore (pari a 1.616 titoli).

Commentiamo questi dati con Manuel Kromer, direttore della casa editrice Claudiana, la voce del protestantesimo librario italiano : «i dati sono pesanti, e per la prima volta dall’inizio di questa crisi i libri religiosi non vanno in controtendenza, ma soffrono anch’essi in maniera forte. Detto ciò bisogna premettere che questi numeri sono forniti dall’Unione editori e librai cattolici italiani, per cui nel novero delle pubblicazioni bisogna tener conto delle vendite della Bibbia, che ha sempre un forte mercato, dei libri di e su Francesco, veri best seller, e della scolastica che regge il colpo grazie all’insegnamento religioso nelle scuole italiane. Se dovessimo togliere questi tre filoni, il mercato editoriale religioso italiano sarebbe assai più in difficoltà, nell’ordine del 30 o 40 per cento di perdite negli ultimi anni. A ciò si aggiunga che gli autori più noti di saggistica di tipo religioso difficilmente pubblicano con case editrici di settore, perché non in grado di garantire compensi e tirature come le editrici generaliste».

Parliamo di Italia perché non da tutte le parti la situazione è così nera: «nel resto del mondo non c’è questa crisi; negli Stati Uniti per esempio la situazione è in parte migliore, certo a prezzo di grandi sacrifici come licenziamenti effettuati pochi anni fa per alleggerire le strutture. Licenziamenti che si stanno in parte riassorbendo, segnale di una ripresa in corso. Alla recente fiera mondiale del libro di Francoforte lo spazio dei librai italiani è stato sempre più marginale, superato anche dalla Turchia per fare un esempio, Paese che era largamente meno rappresentato di noi fino a pochi anni fa». Bisogna sforzarsi, non si può fare a meno di tentare di cercare la luce in fondo al tunnel: «la via d’uscita è legata alla ripresa economica mondiale, anche se credo che non sarà possibile tornare ai livelli di vendita pre crisi. Vi sono poi variabili che fino a pochi anni non esistevano, e il cui impatto è ancora tutto da valutare. Penso soprattutto ai libri elettronici, che stanno cambiando le modalità di fruizione ma che non sono certo al momento una risorsa economica per le case editrici, che li usano per attirare nuove fette di lettori. Ma la pirateria e la fruizione via web sono l’altro lato di questa novità, un po’ come successo per la musica, e ciò si traduce in un calo di vendite. Ma c’è una grande differenza con il mondo musicale, differenza che incide in maniera forte: le traduzioni, che per la musica non sono necessarie, mentre per l’editoria rappresentano un alto costo. Molti volumi ormai non vengono più tradotti dall’inglese, in Germania il dato è ormai attorno al 25% per quanto riguarda la saggistica. Questo causa un livellamento culturale che sul medio-lungo periodo non potrà non portare a forti cambiamenti culturali, impoverendo ciò che ogni lingua veicola come caratteristica peculiare e distintiva».

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