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“Seconda stella a destra… fra viaggio e accoglienza”

Si terrà dal 7 al 9 novembre prossimi, al Centro di spiritualità Cappella Cangiani di Napoli, il Campo Formazione Sud della Federazione giovanile evangelica in Italia (Fgei).

Abbiamo posto alcune domande alle organizzatrici, Marta Bernardini e Francesca Litigio, che ci hanno spiegato il funzionamento dei campi e il percorso che ha portato a Seconda stella a destra…

«I campi hanno una durata di almeno due giorni (nel finesettimana), durante i quali si riflette insieme su un tema. Quest’ultimo viene deciso dai e dalle partecipanti al Congresso della Fgei, che attraverso una mozione danno mandato al Consiglio di individuare la staff che preparerà un percorso di riflessione e di formazione. I campi sono divisi per macroregioni (nord, centro e sud) in modo da mantenere vive le sensibilità e le esigenze di territori diversi».

Come ci spiegano Marta e Francesca, «vengono definiti “formazione” perché nascono dalla necessità e volontà dei giovani di ricevere una formazione su uno specifico argomento. Siamo convinti che la formazione sia sempre un percorso di reciprocità; perciò non è mai pensata in modo unilaterale, ma “alla pari” poiché ogni partecipante porta con sé un bagaglio di esperienze, culturale, personale, particolare. La varietà di provenienze geografiche e denominazionali, di età, le diversità culturali, di percorsi di vita permettono a questo tipo di formazione di mettersi in atto».

In tutto questo, quale ruolo gioca la staff?

«La staff prepara un percorso da fare insieme riflettendo su attività da proporre e stando attenta alle possibili dinamiche. La più importante capacità di una staff è preparare un percorso che sia in grado di adattarsi al massimo ai cambiamenti, poiché un campo è fatto dalle persone che vi partecipano. È quindi un po’ difficile parlare di un campo prima che inizi».

Possiamo anticipare qualcosa, ad esempio sul tipo di partecipanti?

«Saranno presenti giovani provenienti dalla Sicilia, Basilicata, Puglia, Campania e alcuni da Torino, Padova, Milano, Trieste, Roma. Sono principalmente battisti, metodisti e valdesi, in totale circa 35 persone, ma sino all’ultimo ci sono sempre piccole aggiunte o defezioni.

L’età varia tra i 14 e i 30 anni, sebbene la media sia intorno ai 20. Avremo la partecipazione di gruppi giovanili e di singoli, di veterani e di giovani alla prima esperienza».

Venendo al campo che si apre fra pochi giorni, il cui titolo richiama subito alla mente il film di animazione Peter Pan o la canzone di Edoardo Bennato, le due staffiste spiegano il suo messaggio, a partire dalla locandina (disegnata da un membro Fgei di Milano, Matteo Mancini) che rappresenta il viaggio di un uomo nel deserto, in cui ci sono solo le stelle a fare da bussola.

«Alla staff è stato chiesto di riflettere sull’accoglienza dell’altro, prestando particolare attenzione alle modalità di interazione e di integrazione messe in atto, con un occhio speciale alle realtà migratorie (mozione 7, XIX Congresso). Il nostro percorso di riflessione ha cercato di individuare le esigenze specifiche del sud, una realtà che vive la migrazione, soprattutto africana, come luogo di passaggio, di approdo o diritti negati. Il sud è anche una realtà che vive il tema dell’accoglienza come nodo forte della sua identità, ma che pure ha bisogno di ritornare a riflettere su cosa significa accogliere, incontrare, conoscere. Ciò che è emerso in congresso è l’esigenza di riflettere sull’accoglienza come percorso e non come momento puntuale nella vita di un o una credente».

Come è strutturato il tema nel vostro lavoro di preparazione e poi nel campo?

«Le stelle sono il più antico strumento di orientamento. La seconda stella a destra però è speciale, è quella che porta all’isola che non c’è, ci orienta verso un luogo che non sarà come ce lo aspettiamo. La staff ha quindi iniziato la sua riflessione dal tema della migrazione, passando per il tema dell’accoglienza e giungendo a una trasformazione del punto di osservazione. Proporremo un percorso articolato in tre fasi: io-io, io e Dio, io e il diverso da me. Inizieremo a riflettere sulle nostre autobiografie, raccontando la nostra storia di “spostanti”, provando a individuare i bisogni dei nostri spostamenti, a riconoscerci nelle definizioni di “migrante”. Da migranti lavoreremo poi su alcune storie di accoglienza nella Bibbia – tra Dio e l’essere umano, tra esseri umani, tra l’essere umano e Gesù – attraverso schede, arti figurative, lasciando spazio alla parola. L’obiettivo sarà riuscire a conoscere l’accoglienza biblica, che non è mai uguale a sé stessa eppure ha degli elementi imprescindibili, a confrontarci con queste accoglienze scoprendone le dinamiche, le modalità, analizzandone i cambiamenti e le conseguenze. Scopriremo se fanno parte delle nostre storie odierne, come queste considerazioni interrogano le personali categorie di accoglienza, quelle che viviamo attivamente e passivamente. Infine, produrremo insieme una serie di passi“in prospettiva di accoglienza”, pensando alle nostre vite e alla vita delle nostre chiese e pensando ai nuovi passi possibili insieme nel cammino che va dall’incontro con l’altro alla comunione con lui o lei».

In concreto, quali attività svolgerete?

«Tutto questo viene strutturato attraverso attività di gruppo, animazioni, lavori individuali. Non mancheranno il canto, le chiacchiere per conoscersi o ritrovarsi, momenti di festa e il culto finale preparato insieme dai e dalle partecipanti».

Foto Pietro Romeo