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Gli A New Horizon (ri)partono da Penrose

Sul finire del 2008 quattro ragazzi di Napoli, Giancarlo Gallinoro, Alvaro d’Apollonio, Yulan Morra e Ivan Pennino, hanno dato alla luce una nuova realtà musicale, gli A New Horizon, una band coraggiosa, perché il cambiamento è sempre stato parte della sua storia. Da un iniziale germoglio dalle sembianze soliste, la formazione si è velocemente coagulata attorno ad un nocciolo rock inglese, velocemente mutato in un ammorbidimento più melodico e soprattutto cantato in italiano, aggiungendo generose dosi di elettronica e armonia. 

Grazie all’istinto corale, gli A New Horizon hanno da subito sentito istintivo realizzare insieme ogni brano, aggiungendo ognuno il proprio apporto e gusto personale, che rendono il risultato finale poco definibile, inafferrabile. Si può comunque identificare una preferenza anglosassone contemporanea, che strizza l’occhio all’indie rock. L’evoluzione del suono e del processo creativo corrisponde anche ad un’evoluzione nei contenuti dei brani, che diventano più luminosi, più propositivi, più spinti verso il concetto del superamento dei limiti, degli ostacoli, delle avversità che ognuno, ogni giorno nella propria vita, si vede costretto ad affrontare.

Nasce così Penrose, un album che diventa uno strumento per provare ad immaginare ciò che accade approcciando la realtà con una nuovo spirito, una visuale differente e un po’ più sorridente, ma senza esagerare. C’è un cauto ottimismo in Penrose, ma sempre oggettivo, pacato, senza eccessi. Il risultato, associato ad un tappeto elettronico arrangiato con gusto ma a volte in un modo un po’ troppo lasco, è un lavoro sostenuto e acceso, che si lascia ascoltare senza asperità, che passa in fretta ma lascia una traccia opalescente dietro di sé, un retrogusto agrodolce. 

Gli A New Horizon stanno evidentemente prendendo le misure, ma Penrose suona convincente ed equilibrato, un album finito e composto, premiato sicuramente dalla scelta dell’italiano e di una fresca nota elettronica mai troppo invadente.

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