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Nuovi spazi all’Uliveto di Luserna San Giovanni

La bella villa ottocentesca dell’Uliveto oggi è totalmente ammordenata. Spazi caldi e luminosi ci accolgono assieme ai sorrisi degli ospiti. Nuovi spazi all’avanguardia si sono creati negli ultimi anni e fanno sì che oggi l’Uliveto sia una struttura unica nel suo genere.

Nata come casa di accoglienza per disabili gravi negli anni ’80, aveva prima ospitato dei profughi russi da cui il nome Uliveto, come segno di pace fra i popoli. In seguito vi fu insediata una scuola di economia domestica dedicata alle ragazze delle alte valli e infine divenne una sezione distaccata dell’ospedale valdese di Torino che qui mandava i suoi pazienti più difficili. Oggi l’Uliveto non accoglie solo disabili fisici come negli anni ‘80-90 ma anche psichici. «La nostra è un accoglienza flessibile –ci spiega la responsabile di struttura Loretta Costantino –ma al tempo stesso diventa una casa vera e propria per i nostri ospiti. Grazie alle ultime ristrutturazioni riusciamo a offrire un servizio alle persone che ancora vivono a casa con i genitori e desiderano trascorrere un mattino, una giornata intera o un fine settimana (con la possibilità di dormire in struttura) all’Uliveto. Questa è una nostra tipologia di ospite. L’altra tipologia di ospiti riguarda le persone che qui passano la loro intera vita. Alcuni nostri ospiti sono qui da oltre vent’anni, questa è diventata la loro casa, hanno personalizzato le loro stanze. Abbiamo un’età che va dalla più giovane di 24 anni al più vecchio di 62. Il gruppo è stabile: negli ultimi dieci anni c’è stato solo un trasferimento per l’aggravarsi di una patologia che richiedeva più cure mediche, che noi non riuscivamo a garantire, e negli ultimi anni un solo decesso. Questo ha segnato profondamente la struttura, gli ospiti e gli operatori e le operatrici. Un posto vuoto all’Uliveto non è una cosa positiva». L’avvicinamento alla struttura è invece un percorso molto graduale, non avviene dall’oggi al domani.

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«Grazie alla collaborazione con la Diaconia Valdese e il servizio “Vengo io da te” in questi anni siamo riusciti ad avvicinare alcuni ospiti alla struttura. In un primo tempo conoscono le operatrici a casa propria, poi possono eventualmente trascorrere un po’ di tempo all’Uliveto in alcuni spazi con l’operatrice e quindi il passo successivo è quello di trascorrere del tempo all’Uliveto, senza l’operatrice e inserendosi quindi appieno nella casa». Nella struttura ci sono diversi spazi dedicati agli ospiti. «Dal giardino interno a quello verde davanti alla struttura, dalle camere personalizzate alla palestra alla stanza multisensoriale dove gli ospiti possono attivare i loro sensi, guidati dalle operatrici o dagli educatori, le due figure professionali maggiormente presenti in struttura».

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Un lavoro molto coinvolgente quello che si fa all’Uliveto per cui bisogna essere formati e pronti. «L’operatore o l’educatrice è obbligata a mettersi in gioco: sia nella kinaesthetics (muoversi assieme all’ospite), sia nella comunicazione aumentativa alternativa (il comunicare attraverso strumenti diversi dalla parola) sia snoezelen (la stanza multisensiorale): la nostra idea di fondo è quella di ‘fare con’ e non ‘fare per’, coinvolgendo gli ospiti in tutte le operazioni. È quindi alto il numero del personale che si divide in due comunità: quella di Terra e quella di Aria, rispettivamente al piano terra e al primo piano. In tutto abbiamo 22 ospiti e dai quattro ai sei operatori-educatrici per turno, più due per la notte». Con gli ultimi lavori finanziati dall’Otto per mille l’Uliveto ha raggiunto un equilibrio anche strutturale, rendendo gli spazi più fruibili.