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Educare per avere la pace

Sono passati sei mesi dal rapimento di 276 studentesse a Chibok, nel nord della Nigeria, da parte del gruppo terroristico jihadista Boko Haram. Alcune settimane dopo il fatto, partì la campagna #BringBackOurGirl che tentava di sfruttare il tam tam internazionale sui social network per sensibilizzare l’opinione pubblica ed esercitare una pressione sui capi di stato di tutto il mondo affinché si adoperassero per la loro liberazione. Dal 2010, Boko Haram ha messo al centro della sua battaglia le scuole e gli istituti di formazione che, secondo il gruppo, sono troppo lontani dall’educazione islamica tradizionale. Le azioni di questi terroristi jihadisti sono molto violente e si è assistito nel tempo a rapimenti, uccisioni, e stragi nel sonno. L’iniziativa #BringBackOurGirl, così come l’attenzione internazionale, ha perso energia in questi sei mesi, considerando le poche e confuse notizie che sono arrivate sulla possibile sorte delle ragazze scomparse: conosciamo la sorte solo di alcune ragazze che sono riuscite a fuggire.

A sei mesi dal rapimento ci sono state alcune manifestazioni, in Nigeria: «I manifestanti, tra i quali figurano familiari delle ragazze rapite – riporta Misna – hanno chiesto di essere ricevuti dal capo di Stato Goodluck Jonathan». Il presidente è stato duramente criticato per la cattiva gestione della situazione, per aver sfruttato a fini elettorali l’attenzione sul rapimento, e per le mancate informazioni attendibili sulla sorte delle studentesse.

«Alcuni giornalisti dissero che ad aprile 2014 si aspettò troppo tempo per dare la notizia del rapimento delle studentesse (per la concomitanza della scomparsa dell’aereo MH370 della Malaysian Airlines), cosa che ha ritardato la ricerca, ma che ci ha anche dato il polso di come i media seguano una notizia importante alla volta – ha raccontato a Rbe Simone Ovart, presidente di UN Women Italia, l’entità delle Nazioni Unite per l’Uguaglianza di Genere e l’Empowerment Femminile. «Come è possibile non trovare duecento ragazze nonostante alcuni, seppur deboli, sforzi internazionali? –continua Ovart– Non si parla molto di questo argomento perché il rapimento di donne in un paese così lontano non fa notizia, o la fa per brevissimo tempo. Quando succede alle donne la reazione è ancora più scarsa». 

Il premio Nobel per la pace Malala Yousafzai, con il suo appello al governo nigeriano e alla comunità internazionale a intensificare gli sforzi per liberare le studentesse, ha sottolineato come l’educazione delle ragazze svolga un ruolo fondamentale per la costruzione della pace.

Foto copertina: Malala Yousafzai con l’hastag. Fonte: MalalaFund@Twitter