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La bussola della giustizia per Lampedusa

«Siamo qui oggi in rappresentanza delle nostre rispettive comunità di fede, perché noi siamo gli uomini e le donne della promessa», ha affermato ieri pomeriggio a Lampedusa il presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), il pastore Massimo Aquilante, aprendo la commemorazione “Memoria tra mare e cielo”, cerimonia interreligiosa coordinata dall’operatrice Marta Bernardini di Mediterranean Hope, che si è tenuta al santuario della madonna di Porto Salvo per ricordare le vittime del 3 ottobre 2013.

Un incontro – inserito nel contesto del Sabir festival e delle iniziative del Comitato 3 ottobre – organizzato dalla Fcei insieme alla parrocchia locale e all’arcidiocesi di Agrigento, al quale hanno aderito esponenti delle comunità ortodosse, islamiche, buddhiste, sikh e mormoni. L’iniziativa, che si colloca nel quadro di Mediterranean Hope, il progetto di monitoraggio e accoglienza avviato dalla Fcei alcuni mesi fa, ha superato le aspettative degli stessi promotori: vi è stata una grande e intensa partecipazione e la toccante presenza dei superstiti e dei familiari delle vittime del 3 ottobre 2013, tutti eritrei. Lampedusani, esponenti del mondo dell’associazionismo, intellettuali e artisti hanno partecipato con rispettoso silenzio e commozione alle testimonianze dei rappresentanti delle diverse fedi e al momento di preghiera della comunità eritrea. All’incontro era presente anche il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione sui diritti umani del Senato.

«Noi compiamo le nostre scelte, ci schieriamo a favore o contro, assumiamo le nostre responsabilità umane, in una parola: viviamo all’ombra della promessa – ha sottolineato il pastore Aquilante – Sappiamo che sul creato e sulla storia umana l’ultima parola spetta al Dio unico, non ai signorotti della terra». Ed ha proseguito: «sappiamo che Dio ha in riservo un dono per l’umanità e per il mondo: “nuovi cieli e nuova terra”. Noi apparteniamo a questo dono che disegna e colora il meraviglioso dipinto della giustizia, della pace, della riconciliazione tra i popoli e tra gli individui, lo straordinario affresco del creato». E tornando sul concetto di promessa: «Noi siamo le donne e gli uomini di un futuro che inizia già qui, già ora, un futuro che già qui e già ora aggredisce le strutture di questo vecchio mondo e crea il mondo nuovo. Non possiamo accettare che un viaggio iniziato come “viaggio della speranza” si capovolga in “viaggio della morte”». Nel corso della cerimonia, i rappresentanti delle varie fedi sono intervenuti secondo le loro sensibilità per fare memoria delle vittime che continuano a perdere la vita in mare. Colori, campane, lingue dal mondo, preghiere delle diverse tradizioni hanno risuonato nel giardino antistante il santuario, già luogo di incontro e di deposito di materie prime trasportate dalle navi che nei secoli hanno toccato questa piccola isola, venti chilometri quadrati nel cuore del mediterraneo, e che sin dalla notte dei tempi «ha visto convivere il cristianesimo e l’Islam, una terra di confine e finestra sul Mediterraneo», come ha ricordato don Mimmo, parroco di Lampedusa.

I rappresentanti delle diverse comunità di fede hanno pronunciato parole di impegno affinché nelle loro comunità e nella società possano crescere solidarietà e attenzione nei confronti dei migranti, ma soprattutto affinché «si aprano canali umanitari che tutelino i rifugiati e i richiedenti asilo che fuggono dalle persecuzioni e dalle violenze in corso in vaste aree del Nord Africa e del Medio Oriente», come ha ricordato la pastora valdese Maria Bonafede.

Al termine della commemorazione, che ha messo in comunione le diverse preghiere e tradizioni religiose, l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro ha ricordato un aneddoto: nelle sue visite agli istituti scolastici ricorda sempre agli alunni che è importante la parola, il verbo, soprattutto la coniugazione dei verbi; se lo studente riesce a coniugare correttamente “io posso”, comprendendone il significato, ha già fatto un passo importante. «Oggi – ha proseguito Montenegro – abbiamo dimostrato che si può stare insieme in serenità, uniti nella condivisione di obiettivi comuni».

Un’opera d’arte realizzata dall’operatore Francesco Piobbichi di Mediterranean Hope, costruita con i resti delle navi naufragate a Lampedusa, era posizionata tra i partecipanti a simboleggiare una rosa dei venti.

«Questa è la rosa dei venti – ha ricordato Monica Fabbri, consigliera Fcei – quella che ogni pescatore conosce bene perché quei venti decidono della sicurezza e del suo lavoro. Questa rosa indica i punti cardinali e i nomi dei venti che tante volte abbiamo sentito: ponente, levante, maestrale, grecale, libeccio, tramontana, scirocco, mezzogiorno». «Tutti – ha concluso Fabbri – abbiamo bisogno di questa bussola per navigare ma noi oggi vogliamo costruire un’altra bussola». Ha proseguito la vicepresidente della Fcei Gabriela Lio: «quella bussola che indica il Nord della solidarietà, il Sud della giustizia, l’Est della speranza, l’Ovest dell’accoglienza. Questo è il nostro impegno. Questa è la nostra vocazione di fronte a Dio e di fronte alle donne e agli uomini che arrivano a noi attraverso questo braccio di mare». (Riforma/Nev)

Guarda la gallery della giornata (foto Giampaolo Galenda/Nev)

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