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Cambiare rotta sulle migrazioni

È passato poco meno di un anno dalla tragedia di Lampedusa, nella quale 386 persone morirono nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa. Da allora l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha intrapreso un percorso di ricerca che ha portato alla presentazione del rapporto Fatal Journeys, che riassume in modo dettagliato quali sono le rotte terrestri e marittime più pericolose nel complesso sistema delle migrazioni umane.

Complessivamente, dal 2000 a oggi sono almeno 40.000 i migranti che non ce l’hanno fatta a sopravvivere al tentativo di entrare in Europa, negli Stati Uniti, in Australia o in altri paesi. Ma il vero bilancio è probabilmente più alto, perché molti decessi si verificano in zone isolate e non vengono registrati. Stando alle posizioni degli esperti che hanno contribuito alla realizzazione del rapporto, per ogni persona che perde la vita e la cui morte viene scoperta ve ne sarebbero in media almeno due mai individuate.

Inoltre, sempre secondo lo studio, dal 2000 ad oggi sono stati oltre 22.000 i migranti morti nel tentativo di raggiungere il nostro continente via mare, contro, ad esempio, i 6.000 decessi al confine tra Stati Uniti e Messico. Le persone che hanno perso la vita nelle acque del Mediterraneo provenivano per la maggior parte da Africa e Medio Oriente, in fuga dalla disperazione, per sfuggire a condizioni di miseria o a guerre che nel loro orrore vengono spesso ridotte a conflitti tribali e mai pienamente comprese. Rimanendo al solo 2014, sono 3.072 i migranti deceduti, un numero quasi doppio rispetto a quello del 2013.

Non possiamo, tuttavia, limitarci ai numeri e alla pietà per una questione che è fortemente politica. «È arrivato il momento di fare di più che contare il numero delle vittime. È tempo di fare fronte comune affinché i migranti in gravi difficoltà non debbano subire violenze – afferma il direttore generale dell’Oim William Lacy Swing – Il nostro messaggio è chiaro: tanti migranti stanno morendo».
Anche Amnesty International punta il dito contro la politica, in particolare quella dell’Unione Europea, che ha deciso di rinunciare a Mare Nostrum in nome di una rinnovata missione Frontex, ritenuta però insufficiente. Secondo John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per Europa e Asia centrale, la nuova Frontex Plus «È solo l’illusione di una soluzione. Facciano come ritengono, ma qui bisogna salvare delle vite».

Non sembra pensarla allo stesso modo l’Australia, che ancora una volta si mostra come un esempio da non seguire in quanto a politiche di accoglienza e migrazioni: con l’accordo bilaterale di martedì 30 settembre, infatti, la Cambogia ha accettato di ricevere un numero imprecisato di rifugiati attualmente ospitati nel campo profughi australiano dell’isola di Nauru in cambio di 35 milioni di dollari in aiuti. L’Alto commissario Onu per i rifugiati António Guterres ha espresso preoccupazione e ha chiesto all’Australia di riconsiderare l’accordo. In un comunicato, Guterres ha definito il trattato «una deviazione preoccupante dalle norme internazionali. Le nazioni non devono trasferire le loro responsabilità nei confronti dei rifugiati».

La politica, non solo quella europea, deve cambiare rotta, in tutti i sensi.

Leggi il rapporto Fatal Journeys: http://www.iom.int/files/live/sites/iom/files/pbn/docs/Fatal-Journeys-Tracking-Lives-Lost-during-Migration-2014.pdf

Visualizza l’infografica del Missing Migrants Project: http://www.iom.int/files/live/sites/iom/files/pbn/photos/MissingMigrantsProject2014.jpg