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Indipendentisti col kilt degli altri

Il referendum scozzese della scorsa settimana ha messo in risalto un effetto collaterale che si manifesta spesso in caso di votazioni in un paese estero: l’identificazione con le cause altrui.

Non si tratta solo di simpatia, ma di vera e propria sovrapposizione tra la propria e l’altrui vicenda.

Il leader della Lega Nord Matteo Salvini è addirittura volato fino a Edimburgo e il suo compagno — o più correttamente, camerata — Borghezio ha addirittura messo su YouTube un video delirante in cui si rivolgeva all’elettorato scozzese in gaelico, lingua tra l’altro poco conosciuta in Scozia.

Il giornalista de La stampa Andrea Sarubbi ha ben riassunto questo sentimento con un tweet venerdì mattina: «Buongiorno a tutti gli indipendentisti col kilt degli altri», parafrasando elegantemente un detto assai poco elegante. Va da sé che nulla — nulla — c’è in comune tra le velleità leghiste e l’indipendentismo scozzese.

Questo fenomeno di sovrapposizione è amplificato dai social network, grazie ai quali veniamo a conoscenza di molte più storie di quante ne possa raccontare un (tele)giornale. Abbiamo visto la reazione estasiata di italiani di sinistra all’elezione di De Blasio a sindaco di New York, anche questo era un evento sì importante ma locale. Altra storia: molti protestanti italiani hanno tifato per l’Olanda riformata contro la Spagna cattolica alla finale dei mondiali di calcio del Sudafrica. Eppure non solo, chiunque avesse vinto, l’Italia aveva comunque perso, ma tra i giocatori oranje c’erano diversi cattolici.

E se invece di cercare di avere successo per procura con le partite altrui, ci si concentrasse a vincere, anzi a “giocare” direttamente le proprie battaglie?

Foto copertina: “Yes Scotland 2014 – geograph.org.uk – 4157389” by John Allan – From geograph.org.uk. Licensed under CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons.