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Guerra e religione: un legame da sciogliere

“La pace è il futuro: religioni e culture in dialogo cento anni dopo la prima guerra mondiale”. Intorno al tema si è svolto l’incontro di più di 300 rappresentanti delle grandi religioni mondiali ad Anversa, in Belgio, dal 7 al 9 settembre, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, movimento laicale di ispirazione cristiana cattolica. Un’occasione per confrontarsi sui grandi conflitti che scuotono il mondo, sempre più violenti, feroci ed insensati, ma anche su pace, riconciliazione, e responsabilità delle religioni nelle guerre di oggi. Se la guerra non è mai inevitabile, come ha ricordato papa Francesco all’apertura dei lavori, è inevitabile anche continuare a discutere, riflettere, pregare e cercare soluzioni alternative che spezzino il circolo vizioso della violenza.

Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese, ha partecipato all’incontro, durante una delle tavole rotonde. Gli abbiamo rivolto alcune domande.

Il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste ha preso posizione sulla questione guerre/pace. Secondo lei è un tema più sentito che in passato?

Stiamo vivendo in un epoca in cui i conflitti invece che diminuire, aumentano: di numero, di ferocia, di visibilità. Sono dentro all’Europa (pensiamo all’Ucraina o alle recenti guerre nei Balcani) o ai confini dell’Europa. Non è un problema astratto che come cristiani dobbiamo affrontare perché siamo buoni e politicamente corretti, ma perché è un’urgenza impellente per tutti. Per gli europei, per gli occidentali, per i cristiani, per tutte le religioni. In particolare perché le guerre si ammantando motivazioni religiose, e questa è una bestemmia.

Quale significato, dunque, per questo incontro?

Questo incontro è importante per promuovere il dialogo e la cultura della pace e per smontare leggende e miti che attraverso la comunicazione di massa si diffondono. Per esempio: “le guerre sono inevitabili”. Ma sappiamo che è così solo se non si vogliono affrontare i problemi in modo diverso. Ci sono sempre alternative, ma bisogna cercarle in tempo di pace. C’è anche il problema di smascherare le giustificazioni delle guerre e delle violenze. Capiamo benissimo quanto la motivazione religiosa venga usata a sproposito. Anche l’Europa ha conosciuto le guerre di religione e le benedizioni delle guerre da parte dei religiosi: se pensiamo alla I Guerra Mondiale ci interroghiamo come queste nazioni cristiane potessero guerreggiare tra di loro. Oggi c’è molto da fare e c’è un grande impegno per le religioni.

Questo incontro potrà servire anche per sciogliere il connubio guerra-religione?

Questo è l’impegno. Per esempio il gran Mufti del Cairo, nella cerimonia introduttiva, ha insistito molto nel dire che l’islam non è un pensiero che impone uniformità e violenza. Nell’islam esiste il confronto, il dialogo, contrariamente a quello che molti erroneamente pensano. In chiaro riferimento agli inqualificabili rappresentanti del califfato, che si presentano come islamici ma che secondo lui non lo sono affatto, e manipolano menti di persone impreparate. Un fatto che evidenzia come ancora le religioni vengano utilizzate per armare i popoli e per giustificare guerre violente e pregiudizi. Abbiamo anche in casa questi problemi: pensiamo al crescente antisemitismo. Israele ha un sacco di problemi da risolvere a casa sua, ma che cosa c’entra la comunità ebraica in Francia, in Germania o in Italia con la politica dello stato di Israele? Abbiamo un problema di convivenza all’interno dei nostri paesi, dove le persone di cultura diversa abitano le città in modo diverso e spesso nascono conflitti. Le religioni hanno una grande responsabilità in questo campo.

In nome della religione si perseguita e si è perseguitati. Cosa significa per i valdesi, minoranza perseguitata nella storia, essere lì?

Ricordo che il Belgio è uno dei luoghi dove nel 1600 si accese la solidarietà nei confronti dei Valdesi, è uno scenario importante. Come valdesi, come evangelici in Italia, in base alla nostra storia, capiamo quanto sia importante disarmare i linguaggi dalla violenza religiosa, quanto le religioni devono lavorare per essere in grado di proporre il dialogo, il confronto civile, ma anche le scelte coraggiose, che sono le uniche che possono proporre delle mediazioni che poi diventino delle soluzioni valide contro la guerra.

Una presenza scontata, dunque?

In Italia abbiamo un quadro particolare. Qui in Belgio, ad Anversa, cittadina di mezzo milione di abitanti, con 28 % di immigrati, con 71 chiese cattoliche, 140 chiese protestanti o evangeliche, 6 chiese ortodosse, 32 sinagoghe, 38 moschee e vari centri buddisti e induristi. In un contesto internazionale quindi, la presenza delle varie famiglie cristiane non stupisce, è data per scontata così come il riconoscimento delle diversità. Il fatto che in un contesto come questo sia presente anche la nostra minuscola esperienza valdese è segno di attenzione dei cattolici illuminati della comunità di Sant’Egidio, di un riconoscimento di una tradizione antica, che è stata una tradizione di una chiesa povera, non violenta, profondamente legata alla Scrittura ma anche all’apertura dei laici: insomma tutto ciò che è contrario dell’estremismo, del fondamentalismo, che purtroppo sembra caratterizzare questa stagione in varie religioni del mondo.

Immagine copertina: www.santegidio.org