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Lo spettacolo “Fuochi” tra piccole e grandi storie

Sicco e Tron ci parlano delle piccole storie che amano raccontare nel teatro e nella musica, del loro lavoro di artigiani di cultura, del loro legame con la storia valdese. Lo spettacolo a Torre Pellice martedì 26 agosto.

Lo spettacolo “Fuochi” da 20 anni viene rappresentato in Italia e nel mondo da Assemblea Teatro: racconta al pubblico due piccole vicende, più intime e personali, che convivono in un grande accaduto storico, quello delle persecuzioni ai valdesi del 1600-1700. Grandi storie che si riflettono in piccoli racconti di vita soggettivi, che però spesso sono fondamentali per riuscire a rappresentare in modo chiaro il corso degli eventi.

Renzo Sicco: Le piccole storie e le grandi si mescolano sempre. L’attenzione ai dettagli è ciò che ti apre gli orizzonti e ti porta a percepire mondi molto più grandi. Lo spettacolo “Fuochi” è una lezione proprio di questa scrittura drammaturgia, perché nello spettacolo ci sono tre storie, due più piccole e la grande vicenda dei valdesi. La realtà valdese, a cui siamo legati e ci piace raccontare tramite i nostri spettacoli, vive allo stesso tempo una dimensione estremamente locale ed enormemente ampia. Pensiamo alle grandi comunità dell’Uruguay e Argentina, alle grandi migrazioni dalle valli degli anni passati. I movimenti dei valdesi sono stati estremi, dalla Francia all’Italia e poi al Sudamerica. Nella storia valdese e anche nel percorso di “Fuochi”, enormi segnali ci hanno insegnato migliaia di cose: piccole storie individuali, soggettive, personali, ma non meno importanti delle grandi storie e che rappresentano alla fine i grandi movimenti dell’umanità stessa.

Valeria Tron: Sicuramente oggi siamo abituati a spazi molto vasti, abbiamo grandi orizzonti. Quando invece sei costretto a crescere in uno spazio molto piccolo, ti concentri sulle piccole cose, sulle minuterie. Piccoli gesti che però dicono tanto di una cultura, di una religione. Io racconto la vita di montagna, parto dalla mia vita e dai miei ricordi. In modo particolare mi interessa raccontare la resistenza del “dopo” e in questo caso la nostra storia valdese insegna molto. Quando finisce un periodo terrificante si resiste, si ha ancora speranza e ancora la voglia di ricostruirsi. Il mondo valdese è una storia di grande tenacia, coraggio e resistenza, che si riflette anche nelle piccole vicende dei miei canti.

Molti cantanti e autori si definiscono artigiani e non artisti. Qual è la differenza? Può sembrare per pudore: è effettivamente così? Voi come vi definireste?

Valeria Tron: Io nasco artigiana. Le mani, la testa, la schiena sono sempre state le mie armi migliori. Vivendo in montagna di artistico c’è poco, ma di artigiano c’è molto. L’artigianato nasce da un’esigenza: quando hai bisogno concretamente di un oggetto, l’esigenza è quella di costruirtelo. Ecco allora che nel contempo sei sia un artista perché produci un pezzo d’arte unico, ma prima di tutto sei un artigiano. E così è anche per la musica. L’incontro del canto cantautorale con il teatro è una buona unione, perché il palco del teatro ti avvicina alle persone e c’è un contatto diretto che crea un forte legame con chi ti ascolta. Puoi avere un riscontro concreto e devo dire che mi piace molto. Mi è stata data la possibilità di fare teatro con il mio canto ed è una bella esperienza. Utilizzo il canto come forma espressiva d’arte.

Renzo Sicco: Il teatro conserva al suo interno un’emozione forte perché lavora ancora sull’artigianalità, la manovalanza. Pensiamo a quanto sono importanti in scena gli oggetti, i costumi, la scenografia… E’ un lavoro meticoloso e dietro le quinte c’è una manualità molto professionale. Non sempre un’artista è anche un artigiano, perché non sa usare le mani, non è in grado di costruire qualcosa da sé. Ma se è un vero artista chiede l’aiuto e il lavoro di un artigiano per realizzare pezzi unici per il suo lavoro e quindi ritorna questa mescolanza tra arte e artigianalità.