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Il Dio creatore che ama la libertà delle sue creature

Il creato non è un semplice fatto ma una buona notizia, la notizia di qualcosa di bello, di positivo, l’annuncio di una vittoria. È da questo assunto che si sviluppa la riflessione del teologo valdese Paolo Ricca confluita nel libro L’Evangelo della creazione*, edito da Lindau, casa editrice torinese. In un percorso tra Antico e Nuovo Testamento, leggendo e scavando nei testi biblici con passione e grande finezza, Ricca ci pone dinanzi all’urgenza di parlare di Dio creatore. In presenza di una crisi climatica e ambientale che potrebbe essere fatale, infatti, è importante ribadire che l’unico padrone della terra è Dio e non l’essere umano che resta una creatura e non un creatore.

La dottrina della creazione è fondamentale perché afferma l’importanza della realtà del mondo e della vita nonostante la sua precarietà e fragilità. Una realtà che siamo chiamati a contemplare in profondità, ben oltre uno sguardo fuggevole perché dalla contemplazione nascono la meraviglia, lo stupore e con questi la fede. Tuttavia, ci mette in guardia Ricca, il cammino non è dalla contemplazione alla fede ma viceversa; è dalla fede nel Dio creatore che si giunge a contemplare il creato. Un creato che Dio ha voluto autonomo, non dipendente da lui perché Dio ama la libertà delle sue creature. E in questa libertà del creato trova posto naturalmente anche il male, il peccato, che altro non sono se non un atto di sfiducia da parte dell’essere umano nei confronti della Parola di Dio. Oppure un volere diventare come Dio andando oltre i confini della propria umanità.

La crisi della creazione si configura infatti come una crisi di relazioni: «tanto più tu non sopporti di vivere con l’altro con la A maiuscola, se vogliamo chiamare Dio così – scrive l’autore – tanto più non potrai sopportare di vivere con l’altro con la a minuscola, cioè con l’altro uomo come te, il tuo fratello».
Ma l’amore e il perdono di Dio che non ci abbandona sono più forti del male: «è vero che siamo polvere, cioè creature mortali e provvisorie – scrive Ricca – ma siamo polvere amata da Dio, e questo amore non verrà mai meno». Nonostante i riverberi oscuri del male l’ultima parola è di Dio ed è una parola di grazia anche quando Egli si sente tradito, deluso e si affida alla violenza del diluvio. Dio distrugge ma poi risuscita, dopo il diluvio capisce che la violenza non è una risposta al male e stringe un patto con l’essere umano in cui c’è già molto dell’Evangelo. Alla violenza Dio sostituirà la sua Parola che è per sua natura nonviolenta anche quando è severa, critica, tagliente e può cambiare i cuori. E questa non violenza, in Gesù, raggiungerà il suo massimo compimento.

Dopo il patto Dio inizia, con Abramo, a scrivere una nuova storia con l’umanità affidandogli la sua rivelazione. Perché Dio si rivela? Perché Egli è sconosciuto, ci dice Ricca, così come lo è oggi in un’Europa sempre più scristianizzata. Si rivela perché ama la relazione e perché spera che gli uomini e le donne, conoscendo Dio, conoscano meglio anche se stessi evitando gli idoli. Con la vocazione di Abramo inizia così la creazione di una comunità di fede, la nascita della fede come seconda creazione di Dio. E questo passaggio del libro è uno dei più affascinanti perché coglie bene tutta la potenza insita nella Parola di Dio, il quale ti incontra e ti obbliga a cambiare, a partire verso l’ignoto. «È questa la fede – scrive ancora il nostro – è un viaggio che sai più o meno quando comincia, ma non sai quando finisce». Ed è un viaggio che ha una doppia destinazione: viaggio fuori, verso Dio che ti chiama, e viaggio dentro, verso un te stesso che non è più quello di prima. La comunità di fede è, fino alla fine, una comunità in cammino, che loda Dio e mette al centro la giustizia.

E tutto questo lo ritroveremo nella predicazione di Gesù dove Dio è Padre non creando ma curando. Ma la cura è strettamente legata alla creazione perché capace di restituire la creatura alla sua integrità originaria. L’incarnazione, la Parola di Dio fatta uomo, dimostra la possibilità di un’umanità diversa, nuova, che è proprio quella che corrisponde al progetto di quando Dio ha creato l’essere umano. «Se uno è in Cristo, se la vita di Cristo, la sua morte e risurrezione diventano una realtà mescolata con la nostra esistenza quotidiana – scrive Ricca –, allora qualche novità accade nella nostra vita».

Il libro, che comprende anche una serie di dipinti che accompagnano i diversi capitoli, termina spiegando come il racconto biblico della creazione non abbia lo scopo di spiegare come sia avvenuta la creazione del mondo e dell’uomo ma perché esiste un mondo e al suo interno l’essere umano. Dunque ampio spazio alla scienza che deve continuare a ricercare ma più penetra nell’enigma della natura e della vita, tanto più misterioso diventa il mondo. E misteriosa è anche la vita stessa con tutto ciò che la contraddistingue: la morte, la sofferenza, l’amore. La domanda di senso degli uomini e delle donne dinanzi a questo mistero resta ineludibile e a questa domanda prova a rispondere il racconto biblico. Un altro significato del verbo creare è infatti rivolgere vocazione, affidare un incarico, una missione; per dirla con l’autore, «è bello vivere, ma è ancora più bello se si sa perché si vive».

* P. Ricca, L’Evangelo della creazione. Torino, Lindau, 2023, pp. 289, euro 24,50.


Foto di Nazasca: Diluvio universale della chiesa di santa Maria Maggiore Bergamo, Pietro Liberi, 1661 circa