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La Bibbia non è intolleranza omofoba ma amore evangelico

Per gentile concessione del quotidiano “Domani” pubblichiamo l’articolo del professor Paolo Naso ospitato sul sito di “Domani”, in replica alle esternazioni del senatore Lucio Malan su Bibbia e concezione dell’omosessualità.

 

Non vi è un alcun bisogno di brandire la Bibbia per sostenere posizioni contrarie al riconoscimento dei diritti Lgbt, come recentemente ha fatto il senatore Lucio Malan, capogruppo al Senato di FdI. Al contrario, da esponenti politici e personalità istituzionali ci si aspetterebbe un argomentare laico fondato su codici, costituzioni e norme civili e non su un testo sacro.

Ma il repertorio laico dell’omofobia è assai  meno attrattivo di quello religioso. Se poi guardiamo all’ordinamento italiano e all’orizzonte dell’art.3 della Costituzione emerge un’evidente intenzione antidiscriminatoria: riconoscendo l’uguale dignità di tutti i cittadini, quell’articolo affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, «limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Gay compresi. 

Anche la comparazione giuridica offre pochi appigli: nel 2019 l’International Lesbian and Gay Association ha pubblicato un rapporto ripreso dal Sole 24 Ore (19 luglio 2019) che elenca ed evidenzia i paesi che adottano norme discriminatorie nei confronti degli omosessuali. L’impatto visivo è evidente: la macroarea della discriminazione più acuta è quella che comprende il medioriente e gran parte dell’Africa; quella di discriminazioni più soft abbraccia buona parte dell’Asia; l’area delle democrazie liberali è quella dove, sia pure con sfumature diverse, si riconoscono i diritti delle persone omosessuali.

È strano e paradossale che alcuni degli “occidentalisti” più radicali, sempre pronti a celebrare i primati delle democrazie, quando si tratta di diritti Lgbt si ritrovino allineati a dogmi ed argomenti propri di una teocrazia. Non accade solo in Italia, come insegna la deriva confessionalista del Grand Old Party repubblicano. Eppure l’idea dello stato che invade il terreno delle scelte intime e personali non è una fisiologia della destra, semmai ne è una patologia propria delle sue componenti estreme, radicali e illiberali. Chi per convinzione o sensibilità  cerca modelli giuridici omofobi deve spingersi oltre il confine liberaldemocratico e guardare alle “democrature”, alle teocrazie o alle democrazie illiberali. 

In questo quadro, il ricorso alla Bibbia risulta provvidenziale: essa costituisce una  fonte che può illuminare l’omofobia di contenuti morali e persino teologici, magari presentando come  legge “naturale” e quindi universale ciò che invece è una convinzione e persino un dogma che ha senso soltanto per chi si professa una particolare fede.

 

Il meccanismo è facile quanto ingenuo: secondo la più facile ermeneutica fondamentalista, si prendono alcuni versetti e li si trasformano in randelli ideologici. I passi del Levitico, citati da Malan, che definiscono “abominevole” una relazione omosessuale sono ben noti. Meno frequentati dai fondamentalisti cristiani, quelli sull’impurità femminile o del divieto di concedere alle donne la parola nelle assemblee – immaginiamo non solo ecclesiali ma anche politiche – invocato dall’apostolo Paolo (I Corinzi 14:34). O le frasi che legittimano la schiavitù, anch’esse ricorrenti nelle lettere paoline. E, visto che siamo nel repertorio della “violenza biblica”, che dire della invocazione del salmista che benedice colui che schianterà sulla roccia i figli di Babilonia (salmo 137)?

Il fondamentalismo che prende i testi nella loro più superficiale letteralità non può rispondere. Lo fa la più accreditata interpretazione storico-critica degli ultimi cento anni che contestualizza i testi, ne spiega l’origine storica, la stratificazione, persino la contraddittorietà. Una scienza complessa e rigorosa alla ricerca di una “parola di Dio” che va oltre quella degli uomini, persino di quelli che hanno scritto i libri che compongono la Bibbia. 

È con questo metodo che alcune chiese come quella valdese – molte altre in tutto il mondo – sono arrivate non solo ad accogliere gli omosessuali ma a invocare la benedizione sulle loro unioni e sulla loro vita. Certo, una chiesa protestante non conosce la scomunica e quindi è plausibile che un valdese o un luterano possa definire “abominio” l’omosessualità. Come accade a Doha in questi giorni, a Kabul o a Islamabad. Ma ci sono chiese che predicano e testimoniano l’opposto e, di fronte all’intolleranza omofoba del fondamentalismo cristiano oppongono la legge dell’amore evangelico.