20221017-pal05992-obr

La visita del Consiglio ecumenico delle chiese a Mosca

Il patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill e una delegazione del Cec, il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), guidata dal segretario generale ad interim padre Ioan Sauca, si sono incontrati il 17 ottobre a Mosca, discutendo della situazione attuale con la guerra in Russia e Ucraina e alla luce del pericolo di una guerra nucleare. L’ufficio stampa del Cec ha intervistato padre Sauca di ritorno dal viaggio.

Perché vi siete recati a Mosca?

«La visita ha avuto luogo su richiesta del Comitato centrale del Cec e fa parte di una serie di visite che ha già incluso il Medio Oriente, il Libano, la Siria, la Palestina, Israele, l’Ucraina e ora la Russia, con l’obiettivo di costruire ponti di pace e di riconciliazione attraverso incontri e dialoghi e di evitare conflitti militari, guerre e violenze.

Il programma prevedeva anche una visita al Centro ecclesiastico di Mosca per l’assistenza ai rifugiati e discussioni con i rappresentanti dell’Accademia teologica di Mosca.

Ci siamo recati lì su richiesta del Comitato centrale per cercare di avviare un dialogo sulla teologia della guerra. Altre voci hanno chiesto una visita di emergenza alla luce del pericolo di una escalation nucleare». 

Qual è stata la prima reazione del patriarca Kirill?

«Ci siamo incontrati per diverse ore, e abbiamo avuto tempo per una discussione approfondita. Ho avuto anche un’udienza privata con il patriarca. Ho riferito i risultati dell’XI Assemblea del Cec di agosto-settembre, la dichiarazione sulla guerra in Ucraina e le decisioni dell’ultimo comitato centrale del Cec di giugno. Nulla è stato evitato o nascosto; siamo stati chiari in ciò che abbiamo detto nelle nostre dichiarazioni e siamo stati coraggiosi nella nostra presentazione. Nella delegazione russa erano presenti i membri del Comitato centrale del Cec che hanno partecipato all’elaborazione della dichiarazione di giugno e quelli presenti all’11ª Assemblea che erano membri del comitato di redazione che ha elaborato la dichiarazione sulla guerra in Ucraina. Tutto ciò che è stato discusso durante l’incontro non è stato incluso nel rapporto a causa delle circostanze legate alle leggi locali e all’urgente necessità di continuare il dialogo. Capiamo come essere sensibili alla situazione in cui vivono le Chiese e, pur dicendo tutta la verità, ci assicuriamo di non fare ulteriori danni.

Il patriarca Kirill ha detto che la guerra non è fatta dalle chiese ma dai politici. E il ruolo delle Chiese è quello di essere costruttori di pace, come abbiamo notato nella relazione.

Ho proseguito con due domande che non sono contenute nelle nostre dichiarazioni, ma che sono state espresse da alcune delle nostre chiese membro: 1) Qual è la sua posizione teologica sulla guerra in Ucraina, dato che si ha l’impressione che la sostenga come “guerra santa”? 2) Come spiega l’uso del termine “guerra metafisica” in relazione alla guerra in Ucraina?

Abbiamo ricevuto la sua risposta, come indicato nel rapporto.

In conclusione: abbiamo fatto il nostro lavoro; abbiamo visitato e parlato con il patriarca Kirill; abbiamo avviato un dialogo e abbiamo riscontrato il desiderio da parte russa di continuare il dialogo. A mio avviso, abbiamo portato a termine il mandato conferitoci dal Comitato centrale».

Perché nella delegazione del WCC c’erano solo uomini?

 «Siamo andati lì con una piccola delegazione, perché non si trattava di una normale visita ecclesiastica e c’è la guerra. Abbiamo modi diversi di gestire il protocollo ecumenico e diplomatico e questa volta si è trattato di un incontro tra il patriarca Kirill e il segretario generale ad interim, come si può leggere nel comunicato stampa del 17 ottobre.  

Con me c’era il pastore Benjamin Simon, responsabile del programma del Cec per le relazioni con le Chiese, accompagnato da padre Mikhail Gundiaev, rappresentante della Chiesa ortodossa russa presso il Consiglio ecumenico delle chiese. Erano presenti per le loro funzioni, non per il loro genere.  Ho sempre cercato di avere una leadership equilibrata nelle delegazioni, ma a causa delle circostanze particolari le funzioni erano questa volta l’obiettivo principale, e ho cercato di mantenere il gruppo piccolo per stabilire un dialogo come richiesto dal Comitato centrale. Sapevo che ci sarebbero state delle reazioni. Nel gruppo dei dirigenti più alti del Cec siamo tre donne e tre uomini.

La nostra vice segretaria generale, prof.ssa Isabel Apawo Phiri, ha guidato la delegazione congiunta con l’Alleanza ACT in Russia alla fine di maggio».

Cosa succederà ora dopo la visita?

«Continueremo a monitorare e a pregare sulla situazione e a proseguire il dialogo. Stiamo operando attraverso quattro focus: relazioni ecclesiali, costruzione della pace, dichiarazioni e comunicazione.

Il responsabile delle relazioni ecclesiali continuerà a seguire il dialogo con le chiese e preparerà le visite in relazione alla richiesta della Chiesa ucraina di diventare membro del Cec. Il pastore Benjamin Simon, in qualità di professore all’istituto ecumenico di  Bossey, è stato inoltre incaricato di assicurarsi che il reclutamento di studenti russi per studiare a Bossey continui».

 

Foto da sito ufficale del Patriarcato Russo