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In Cristo i muri di separazione vengono abbattuti

«Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù»

Un passaggio dal testo di Efesini 2, scelto dal pastore della Chiesa valdese di Bobbio Pellice Davide Rostan per la predicazione durante il culto, appare particolarmente significativo per il contesto in cui viene pronunciato. Siamo ai 2300 metri del Colle della Croce, spartiacque fra la valle Pellice e la Francia. Qui quasi 90 anni fa, era il 1933, i gruppi giovanili delle chiese valdesi italiane e delle chiese riformate transalpine decisero di incontrarsi, per costruire ponti e non muri. Domenica 24 luglio l’appuntamento è stato rinnovato.

Un luogo simbolico scelto, ricordava Emmanuele Tron su L’Eco delle valli valdesi del 1934 «in occasione del Campo Unionista di Villar, da alcuni giovani pastori valdesi e francesi delle Hautes-Alpes che lanciarono l’idea di un incontro della gioventù dei due paesi, e designarono il Colle della Croce come il luogo più facilmente accessibile dai due versanti della frontiera..». 

Sospeso negli anni del secondo conflitto mondiale l’appuntamento è ripreso subito dopo, simbolo di un’Europa alle prese con tragiche ferite. 

Particolarmente significativa la presenza quest’anno di un gruppo di giovani catecumeni delle chiese di Torre Pellice, Villar Pellice e Bobbio Pellice, a rinforzare il principio ideale originario di incontro giovanile.

Con Rostan era presente il pastore di Villar Pellice Stefano D’Amore. Oltre il centinaio i presenti, in larga parte italiani. Fra loro alcuni membri del coretto di Torre Pellice e dei Trombettieri della Val Pellice che hanno cantato e musicato due inni durante il culto con Cena del Signore.

Ed ecco che le parole della predicazione del pastore Rostan hanno simbolica forza nel contesto di oggi di altre migrazioni, di altri spostamenti, e nel luogo di frontiera in cui vengono pronunciate: «Una volta la distinzione tra due popoli era la circoncisione. Israele chiama Goim, tutti gli altri, coloro che non sono circoncisi. Paolo scrive parlando a questi ultimi dicendo loro: “Ricordatevi di quando eravate esclusi dalla speranza dai patti della promessa e senza Dio nel mondo”… Ma chi non era circonciso, chi era dunque straniero, anche all’epoca, era escluso dalla piena cittadinanza, tanto è vero che a volte la legge ricorda a Israele, che per esempio dovrà trattare gli stranieri come se fossero parte del loro paese. La ragione di questo richiamo è nel fatto che anche Israele è stato straniero in terra d’Egitto. Se dunque nella legge antica il popolo di Israele viene invitato ad accogliere e trattare l’altro “come se fosse” anch’egli uno del popolo, adesso viene invece detta un’altra cosa. Ci si rivolge agli altri, ai Goim, a coloro che erano esclusi ricordando il loro status precedente e si dice che in Cristo adesso loro sono parte della stessa famiglia di Israele. In Cristo dunque la causa dell’inimicizia tra i popoli finisce e viene sconfitta. In Cristo, i muri di separazione vengono abbattuti e la pace viene annunciata a tutti. I due popoli diventano uno solo e i due vecchi uomini muoiono per crearne uno nuovo… La storia ci dice che purtroppo questo non è successo, o meglio Paolo annuncia che in Cristo questo è adesso possibile, ma l’umanità fa fatica ad accettare questa idea».

Ma il messaggio di Paolo dice anche altro: «si può restare diversi gli uni dagli altri, si può restare fedeli alle proprie identità, ma queste agli occhi di Dio non sono più dirimenti per determinare chi è dento e chi è fuori, chi fa parte della famiglia e chi no. In Cristo diventa possibile costruire un’identità che non ha bisogno di edificarsi sulla negazione di quella altrui». 

La sera precedente, sabato 23, un bellissimo preambolo con la proiezione alla Conca del Prà del nuovo docu-film dedicato alle vicende di Giosué Gianavello, storico condottiero valdese.