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Aborto negli Stati Uniti, parola a tre pastore valdesi

Con il ribaltamento della sentenza nota come “Roe v. Wade”, che dal 1973 garantiva l’accesso all’aborto a livello federale, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha in sostanza demandato a ciascuno dei cinquanta Stati che li compongono la competenza sulla regolamentazione dell’interruzione di gravidanza.

Un tuffo indietro di 50 anni in tema di diritti, delle donne in particolare, che commentiamo insieme a tre pastore della Chiesa valdese, raggiunte per un’opinione in merito dalle colleghe di Rbe, Radio Beckwith Evangelica.

«Sono veramente sconvolta per quanto la Corte Suprema ha deciso e devo dire che ho il cuore spezzato perchè ora negli Stati Uniti le donne non possono più avvalersi dell’autodeterminazione su un tema così importante» – dice Daniela Di Carlo ,pastora a Milano. «Penso alle vittime di stupro che non potranno essere sostenute, a coloro che conducono gravidanze forzate o pericolose per la salute propria e del nascituro. Poche persone hanno il diritto di scegliere su tante donne e sulle loro vite, è sconvolgente. Mi auguro veramente che possa esserci una retromarcia. Gli Stati Uniti sono un paese di grandi contraddizioni, dove per primi i neri si sono liberati, dove la teologia femminista ha visto la sua luce, dove la comunità lgbtqì+ ha ricevuto presto i diritti, ma è anche il luogo che ti toglie il fiato per decisioni quali quest’ultima che toglie alle donne la possibilità di  decidere sul loro corpo».

Di «sentenza che impatta in modo forte sulla vita delle donne» parla la pastora Ilenya Goss che cura le comunità di  Mantova e Felonica. «Viene così intaccata una protezione federale per le donne che intendono interrompere una gravidanza, creando fra l’altro una disuguaglianza fra Stato e Stato, una evidente disparità di trattamento e di possibilità di fruire degli stessi diritti. Una sentenza grave, un momento difficile rispetto al quale è necessaria non solo una discussione ma anche una mobilitazione». Non di secondo piano è il ruolo delle religioni nel contesto sociale americano, ma non solo: «Religioni di provenienza e storia anche differenti, con valori differenti, – prosegue Goss – si compattano spesso attorno a temi sensibili legati all’etica, e si assiste a un utilizzo religioso delle decisioni politiche e viceversa, in una commistione pericolosa. La situazione italiana caratterizzata fin dall’entrata in vigore della legge 194 da una applicazione non omogenea sul territorio, con una fortissima presenza di medici e operatori “obiettori di coscienza”, richiede una fortissima attenzione». Esternazioni in tal senso da parte di varie eminenti personalità cattoliche sono già un campanello d’allarme. «Ciò che accade ci interroga in modo molto forte e ci invita ad assumere una forte responsabilità se vogliamo davvero portare avanti una testimonianza per affermare libertà, diritti, garanzie per tutte e tutti».

Letizia Tomassone, neo pastora a Napoli, critica l’idea «Che si debba tornare integralmente alla Costituzione originaria americana, perché questa è stata pensata e scritta in un periodo in cui donne, minoranze, e tanti altri era per lo meno secondaria. C’è stato in seguito un lungo percorso fatto di battaglie per i diritti di queste categorie che rischiano ora di esser intaccate da una simile sentenza». «Il nostro agire etico, – prosegue Tomassone – le nostre decisioni sulla vita sono improntate alle nostre responsabilità ma anche al contesto in cui facciamo queste scelte. Le chiese non devono lasciare sole le donne e sono anche chiamate a battaglie civili,  affinché  a tutte siano garantite le possibilità di decidere sulla propria gravidanza, e in Italia come sappiamo, con un’ obiezione di coscienza di troppi medici ciò ancora non è la realtà».

Gli interventi integrali delle tre pastore sono ascoltabili qui:

Ascolta “Aborto USA – commento della pastora valdese Ilenya Goss” su Spreaker.

 

Ascolta “Aborto USA – commento della pastora valdese Letizia Tomassone” su Spreaker.

 

Ascolta “Aborto USA – commento della pastora valdese Daniela Di Carlo” su Spreaker.

 

 

Foto di Adam Fagen