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Qual è il futuro per l’Afghanistan e per noi?

Il segretario generale della NcccUsa, il Consiglio nazionale delle chiese cristiane negli Stati Uniti, Jim Winkler, interviene con un commento sulla crisi afghana in corso:

«Il crollo del governo dell’Afghanistan sostenuto dagli Stati Uniti non dovrebbe rappresentare una grande sorpresa per nessuno. Non sono un esperto di storia afghana, ma so che il popolo afghano è stato oggetto di guerre e disordini per più di 40 anni. Milioni di persone sono morte e/o sono diventate profughi a causa dell’invasione sovietica del 1979, dell’occupazione talebana e dell’invasione statunitense.

Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti hanno invaso l’Afghanistan per rovesciare il governo talebano e catturare Osama bin Laden. A quel tempo ero segretario generale del consiglio generale metodista unito per la Chiesa e la Società. Sebbene i nostri vertici di chiesa non scelsero di opporsi all’invasione degli Stati Uniti, affermarono che era importante che tutti si rendessero conto che c’erano cause profonde dietro quello che era accaduto l’11 settembre.

In altre parole, per quanto orribili ed eclatanti siano stati gli attacchi, non sono avvenuti in un vuoto storico. Queste sono parole difficili da sentire per gli americani. È anche difficile sentire che tutte le vite perse e tutto il tesoro speso hanno portato al collasso quasi immediato del governo afghano che abbiamo creato e finanziato.

All’inizio del 2002, facevo parte di una delegazione della chiesa che cercava di visitare l’Afghanistan, ma l’invasione americana della nazione era avvenuta di recente e la situazione era troppo instabile perché la nostra delegazione potesse visitarla. Così, siamo andati in Pakistan dove abbiamo avuto incontri a Karachi e Lahore.

Ci siamo poi diretti a Quetta, una città non lontana dal confine con l’Afghanistan. La scena era piuttosto tesa ed eravamo accompagnati da guardie armate. La nostra delegazione ha trascorso una giornata distribuendo cibo, vestiti e coperte ad alcune delle molte migliaia di rifugiati che vivono a Quetta, alcuni dai giorni dell’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979.

All’inizio del primo mandato del presidente Obama, sono stato invitato alla Casa Bianca e mi venne chiesto dai giornalisti se il presidente dovesse inviare o meno più truppe in Afghanistan. Dissi loro che a mio avviso non c’era vittoria militare da ottenere in Afghanistan e che inviare più truppe sarebbe stato un errore.

Non so cosa accadrà ora in Afghanistan. Niente che i talebani abbiano fatto in passato mi dà motivo di sperare che tratteranno le donne da pari a pari o che onoreranno la libertà religiosa. Né ho fiducia che gli Stati Uniti abbiano imparato che invadere le nazioni è una strategia non efficace. È impossibile mantenere un’occupazione senza resistenza.

Continuerò a lavorare e a pregare per la pace. Questa è la risposta di fede. Il patriottismo cieco non lo è. Affidarsi alla guerra e al terrore, che siano i talebani, gli Stati Uniti o chiunque altro, è una ricetta per la miseria e la sofferenza».