istock-139968909

Afghanistan: reti di donne per le donne

«Noi, donne e uomini dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne (O.I.V.D.), in questa tragica evoluzione della situazione afghana siamo in forte apprensione per il popolo e in particolare per le donne, primo bersaglio dei fanatismi politici e religiosi, che ora sono terrorizzate dal regime di schiavitù che si prospetta». Così si apre il comunicato dell’ associazione fondata da donne di religioni differenti, impegnate nel contrasto della violenza sulle donne, a mettere in rilievo la sordità delle comunità religiose a questo fenomeno e a chiedere loro un impegno concreto.

«In ogni avventura armata come quella dell’intervento internazionale in Afghanistan – si legge ancora nel testo –  per avere consenso si strumentalizzano i diritti delle donne facendole passare come motivazione del proprio operato. E così da decenni assistiamo ad una guerra infinita che ha aperto la strada a vessazioni, stupri, morte.

In queste ore apprendiamo il diffondersi di crimini e aggressioni ai danni delle donne, il rapimento di donne nubili, la “ricerca casa per casa”, e in particolare l’accanimento contro giornaliste, avvocate o attiviste che si erano impegnate nella società civile per la parità di genere.

Per noi in questo momento è un atto politico sostenere la resistenza e il coraggio delle donne afghane, tutte sicuro bersaglio della guerra dei taleban, espressione di un patriarcato dai mille volti che non smettiamo di smascherare.

Sappiamo che si dovrebbe partire da lontano e agire con altre modalità, con uno stile inclusivo e rispettoso nelle relazioni e nella politica. Ma ora bisogna cercare soprattutto di aiutare chi è in pericolo e sostenere quelle parti politiche in gioco che chiedono che “la salvaguardia delle donne rappresenti il primo punto in agenda”, come si legge nel comunicato “Noi Rete Donne”».

L’Osservatorio si unisce perciò alla richiesta di corridoi umanitari e di ogni altra iniziativa atta a mettere in sicurezza vite umane.  Inoltre è disponibile a collaborare, per quanto è nelle proprie possibilità, con le associazioni e le reti di donne che da anni operano con e per le donne afghane, in Italia e in Afghanistan, per la dignità e la libertà delle donne.

Anche l’Unione donne in Italia, Udi, la storica organizzazione femminista fondata nel 1944, risponde all’appello delle donne afghane che per un sogno di libertà sono in pericolo di vita e si dicono «pronte all’accoglienza!»

L’Udi raccoglie il grido disperato delle donne afghane e l’appello accorato della regista Sahraa Karimi, prima donna presidente del cinema afghano, ora in fuga da Kabul verso una località segreta essendo un obiettivo militare dei talebani, come tutte le donne, le bambine, le professionalità afghane che in vent’anni, sono state protagoniste di un percorso storico di evoluzione e di emancipazione.

«Gravissime sono le responsabilità per quello che sta succedendo dell’occidente e del nostro paese che ha condiviso le scelte belliche degli Stati Uniti verso l’Afghanistan in nome della lotta al terrorismo, della democrazia e della libertà delle donne – si legge nel comunicato -.

Di fronte ad una tragedia di cui tutti i governi italiani, a partire dal 2000, sono corresponsabili, l’Udi chiede al Governo in carica l’immediata istituzione di un organismo dotato di poteri e risorse economiche che:

– appronti e gestisca programmi governativi immediati e rapidi di evacuazione dall’Afghanistan per tutti quelli che vogliono lasciare il Paese;

– individui i percorsi migliori per rendere possibili corridoi umanitari per donne, bambini e bambine;

– gestisca l’accoglienza nel nostro paese, organizzando anche il volontariato sia delle associazioni sia delle/i singole/i;

– disegni un futuro che preveda ad esempio per le donne il riconoscimento di rifugiate politiche.

Per passare dalle parole ai fatti, dai proclami teorici alle soluzioni concrete, sono tante le donne in Italia, pronte ad accogliere altre donne, quante si ritrovano nella lista di proscrizione dei talebani.

Come negli anni ’40, la Resistenza internazionale contro ogni violenza e sopruso non è mai finita e l’Udi, coerentemente con le proprie radici storiche, partecipa attivamente ancora oggi alla nuova Resistenza, partendo dalle donne e dall’accoglienza».

 
Foto di nordmannjj via Istock