istock-1028879552

La nostra piccolezza dinanzi a Dio

Ecco, le nazioni sono come una goccia che cade da un secchio, come la polvere minuta delle bilance; ecco, le isole sono come pulviscolo che vola
Isaia 40, 15

Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio
Apocalisse 21, 3

Se dovessi dare un titolo a questi due versi, o ancor meglio, ai due brani biblici dai quali essi sono estratti, li titolerei entrambi “L’umanità onnipotente”. Chiaramente sarcastico, questo titolo mi permette di far risaltare subito all’occhio quanto l’umanità sembri spesso vittima del suo affanno, del suo irrefrenabile istinto di grandezza e onnipotenza, quasi fosse dea di se stessa. Ogni giorno ci affanniamo per affermare ciò che siamo, senza riuscire spesso a cogliere l’infinitesimale nostra piccolezza dinanzi a Dio. Siamo capaci di scindere l’atomo, di calcare il suolo lunare, di deviare il corso dei fiumi, e tutto questo coopera ad affermare il nostro senso di soddisfazione per le grandi capacità di cui disponiamo. Per carità: tutto questo è meraviglioso, importante, utile alla vita e, certamente, benedetto. Ma che cos’è tutta questa onnipotenza umana di fronte al Dio Eterno, a Colui che ha creato gli estremi confini della terra e la cui intelligenza è imperscrutabile? (v. 28). Tutto questo è come polvere, come il pulviscolo che vola. L’immensità di Dio si compie, in particolare, non nell’essere distante dalle sue creature, ma nel voler abitare in mezzo a loro. Dio, infatti, è venuto a dimorare in mezzo a noi, facendo di noi popolo suo e sua eredità. Dio si prende cura di noi non a parole, ma ponendo la sua salda dimora nella inconsistenza della nostra umanità. Egli ha portato a sé l’umanità donandole suo Figlio Gesù, Colui che “asciuga ogni lacrima dai nostri occhi, Colui che distrugge la morte ed annulla il cordoglio e il dolore e che fa nuove tutte le cose perché le cose di prima sono passate” (cfr. Apocalisse 21, 4).