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Occuparci per tempo delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi

Fatti tragici accadono nel mondo adolescenziale e preadolescenziale. Recente il caso della bambina di 10 anni, Antonella, trovata impiccata qualche giorno fa a Palermo per una sfida su Tik Tok, suggerita da video postati che inducono allemulazione: si assiste a una precocizzazione inquietante dei comportamenti a rischio e questo mi porta a riflettere sul meccanismo psicologico sotteso alla sfida, come a riportare in un gioco il confine labile fra la vita e la morte. I media si accaniscono a cercare le responsabilità esterne come quelle degli influencer che in questo caso pure ci sono, ma sembrano ridurre la questione alla monodimensionalità. Come se ci fosse un rapporto semplicistico fra causa ed effetto, anziché un problema di difficoltà di accedere, per i giovani, a una consapevolezza bidimensionale della realtà che preveda lesistenza di un mondo interno oltre che esterno. Come se la realtà drammatica e complessa della situazione giovanile incominciasse ad esistere soltanto quando accade una tragedia e tutto si risolvesse nella ricerca, pur doverosa, di colpevoli nel mondo esterno. Viene alla mente il libro Luomo a una dimensione di Herbert Marcuse. 

Se però vogliamo cercare di fare della prevenzione dobbiamo occuparci per tempo del mondo interno dei ragazzi e delle ragazze. È lavoro faticoso per i genitori e per gli educatori, perché significa mettere in gioco la nostra capacità relazionale di adulti e riempire le giornate dei nostri figli non soltanto con un ventaglio di attività ludiche e di apprendimento ma prendendosi lo spazio e il tempo dellascolto. La sintonizzazione con i giovani è frutto di un lavoro paziente di attenzione ai loro bisogni, in particolare, a quelli inespressi. La parte nascosta, preverbale, dei loro desideri che faticano a essere espressi richiede una disponibilità allascolto pari a quella che i genitori debbono avere nei primi mesi e anni di vita in cui la relazione con i loro bambini si sviluppa a livello preverbale, prevalentemente mimico e gestuale e attraverso le espressioni corporee. I genitori sono i primi psicoanalisti dei loro figli perché traducono i loro bisogni, le loro richieste di aiuto non verbalizzabili, comprendendoli e attribuendo loro un significato. 

Daltronde non è un caso che le manifestazioni di sofferenza psicologica in età evolutiva si accentrino sul corpo e abbiano il corpo come teatro estremo di una comunicazione impossibile: pensiamo allanoressia, ai fenomeni di delicate cutter diffusissimi a livello giovanile, in cui i tagli autoprocurati sulla pelle sembrano significare una separazione, un taglio che non riescono a operare per far nascere la loro vita psicologica, fino ai tentativi anticonservativi che, come nel caso di Palermo, sembrano mettere in scena un gioco pericoloso ai confini fra la vita e la morte: la separazione estrema. Riconoscere che cè un nemico interno che impedisce il nostro sviluppo psicologico è più difficile da accettare che imputare soltanto al mondo esterno lorigine del male. 

Certo occorre lavorare sullambiente per rimuovere gli ostacoli sociali di ogni tipo che impediscono la costruzione di un mondo in cui si possano esplicare tutte le potenzialità di ogni singolo individuo: lingiustizia sociale, il razzismo, la discriminazione di genere, la povertà economica, la differenza di classe, le periferie delle città abbandonate e prive di servizi sociali, la scuola non accessibile o diversamente accessibile. La lotta per laffermazione di una maggiore giustizia nella vita sociale deve però andare di pari passo con una lotta per far prevalere nel proprio mondo interno listinto di vita sullistinto di morte. Dobbiamo, penso, sviluppare una cultura che accompagni il progresso sociale e politico con un progresso del modo di pensare allo sviluppo psicologico dei giovani rendendoli capaci di autonomia, cioè di autoregolazione. 

È una battaglia culturale che ha unorigine storica e che ha alle spalle molti pionieri e pioniere che, in particolare nel secondo dopoguerra, si sono battuti per laffermazione di una diversa cultura dellinfanzia e delladolescenza; fra i tanti nomi mi viene alla mente quello di Marcella Balconi, neuropsichiatra infantile e psicoanalista novarese che seppe tenere insieme lattenzione allo sviluppo di questa cultura con limpegno politico e sociale fin dai tempi della Resistenza. Più vicino a noi Nathalie Zaltzman, figura di rilievo nella psicoanalisi contemporanea, nel suo ultimo libro Lo spirito del male (2007) ha scavato nei rapporti fra sviluppo della cultura civilizzatrice e il male estremo, di cui la Shoah costituisce il paradigma, analizzando la questione del male fuori e dentro le mura della cultura psicoanalitica, cioè nella società. Il teologo protestante Paul Tillich sosteneva, nel suo libro The Shaking of the Foundations (1949) che la psicoanalisi, evidenziando le cause biologiche, storiche e psicologiche che determinano la nostra esistenza, non è così distante da una visione biblica e agostiniana sul senso del limite umano, sullaccettazione dellautoconoscenza e sulla possibilità di trasformazione. Soltanto impegnandoci contemporaneamente nella costruzione del nostro mondo interno e nella costruzione di una società più giusta possiamo, vincendo la nostra angoscia esistenziale, ritrovare il coraggio di esistere e di trasmettere una fiducia nella vita e un senso della storia alle nuove generazioni.