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La limitatezza del genere umano e la ricerca di senso

La ricerca di una possibile etica laica e di un umanesimo senza metafisica contraddistingue gli spiriti liberi, aperti a una visione della vita fatta di valori morali e di realismo. Fra loro troviamo soprattutto scienziati, ma anche filosofi non legati a una visione religiosa della vita: così non stupisce che Telmo Pievani, docente di Filosofia delle scienze biologiche all’Università di Padova, per scrivere un “romanzo filosofico” su questi temi* si sia concentrato sulle figure di Jacques Monod (1910-1976, premio Nobel per la Biologia nel 1965) e Albert Camus (1913-1960), scrittore e drammaturgo dell’esistenzialismo, premio Nobel per la Letteratura nel 1957.

Pievani ipotizza che Camus, schiantatosi in un incidente sull’auto del nipote dell’editore Gallimard nel 1960, non sia morto sul colpo, ma, ricoverato nell’ospedale di Fontainebleau, anche a causa degli annosi problemi polmonari, riceva al suo capezzale l’amico Monod che gli legge i capitoli del libro che stanno scrivendo insieme, e che ha per oggetto la ricerca di cui si diceva: qual è il posto delle persone umane in un mondo di cui siamo una parte trascurabile, nata e modificatasi secondo coordinate che solo in parte possiamo conoscere, regolata dall’intreccio continuo fra “caso” e necessità”, titolo dell’opera più famosa dello stesso Monod. La nostra “finitudine”, insomma.

Gli studi di Monod ben si accordano con la visione di Camus sulla presenza dell’assurdo nelle nostre vite, espressa soprattutto nelle pagine de Lo straniero e del Mito di Sisifo: dalle loro opere emerge che le nostre vite sono appese al filo della precarietà, mentre tutti gli altri esseri di cui siamo circondati sono indifferenti alle nostre sorti. Siamo gli unici a porci il problema della nostra origine, del nostro destino, del senso che presiede alle nostre esistenze.

La narrazione è convincente, sostiene le ragioni del sapere scientifico e oggettivo, e di questo c’è più che mai bisogno, soprattutto in un paese che fino a pochi decenni fa considerava come soli intellettuali i “letterati” di formazione umanistica. Pievani polemizza con le spiegazioni finalistiche o fideistiche del mondo, con le credenze religiose di oggi, in particolare con il creazionismo, ma mai nel segno dell’astio o dell’ideologia. Difficile non accettare i ragionamenti sulla formazione delle specie viventi in cui siamo inseriti. Un utile richiamo, per noi credenti, a non cercare di giustificare la fede in base ad argomenti filosofici: la fede è «certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono» (Ebrei 11, 1), anche se noi credenti spesso ci dimentichiamo di dirlo o lo diciamo tiepidamente.

Ma il libro ci “intriga” anche per un altro motivo: la famiglia Monod, di cui Jacques è uno dei tanti illustri rappresentanti, è stata per due secoli centrale nel protestantesimo liberale d’Oltralpe, conta molti pastori di diverse generazioni e, fra le celebrità, anche il regista Jean-Luc Godard, figlio di Odile Monod. Quanto a Camus, che mai rinnegò le sue opere, negli ultimi anni frequentò il pastore André Trocmé, che nel Collège Cévenol aveva nascosto e salvato molti bambini ebrei, apprezzandone l’impronta nonviolenta; e negli anni 50 seguì i sermoni del pastore H. Mumma alla Chiesa americana di Parigi1. Ciò non significa che Camus, vivendo più a lungo, avrebbe cambiato visione della vita. Uno dei suoi interventi raccolti in un recente libro  chiarisce la distanza che vedeva fra credenti e non credenti («Il non credente e i cristiani. Conferenza al convento di Latour-Maubourg», 1946) non lascia spazio a equivoci. E tuttavia la sua battaglia feroce contro ogni nichilismo lo metteva nella condizione di interloquire volentieri con sensibilità diverse da quelle della sua formazione artistica e politica. Non possiamo dire di più, ma la questione non cessa di incuriosirci.

* T. Pievani, Finitudine. Milano, Raffaello Cortina, 2020. pp. 280, euro 16,00.

1. H. Mumma, Albert Camus and the Minister, Brewster (Massachussets), Paraclete Press, 2000.

 

Nella foto a sinistra Albert Camus e a destra Jacques Monod