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Consiglio per le relazioni con l’Islam, un nuovo inizio

Si rimette in moto il Consiglio per le relazioni con l’Islam.  Come si legge in una nota del ministero dell’Interno del 2 dicembre, «Sono stati individuati, infatti, i componenti dell’organismo chiamato a funzioni consultive per l’approfondimento dei temi legati all’integrazione e all’esercizio dei diritti civili di quanti professano la fede islamica in Italia».

Tra i membri del consiglio, organismo consultivo del ministero per sviluppare rapporti con l’Islam italiano, ci sono personalità del mondo della cultura, docenti ed esperti di varie discipline e religioni, tra i quali anche il valdese Paolo Naso, professore di scienza politica alla Sapienza e coordinatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Fcei.

«Nell’ultima fase del Consiglio per le relazioni con l’Islam – spiega Paolo Naso -, iniziata nel 2015, il risultato più importante è stata la sottoscrizione di un patto, nel 2017 (allora Naso era coordinatore del Consiglio, ndr), con l’Islam italiano, firmato da tutte le principali associazioni islamiche in Italia. Un risultato importante, pensato e orientato nella prospettiva di un’intesa con l’Islam italiano, ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione».

Perché è così importante? «Com’è noto i musulmani in Italia sono oltre due milioni. Costituiscono quindi una presenza numericamente e non solo assai significativa nella scena culturale, sociale e religiosa nazionale. Eppure per varie ragioni questa comunità di fede non ha ancora avuto un adeguato riconoscimento giuridico».

Per tanto, tra gli obiettivi principali di questo consiglio «vi è quindi quello di avviare, facilitare ed accompagnare le comunità islamiche in un percorso di riconoscimento giuridico nel quadro delle norme vigenti e dell’ordinamento italiano».

Il consiglio presieduto dal ministro o da un sottosegretario delegato risulta, ora, così composto: Francesco Alicino, professore di diritto ecclesiastico presso la Lum “Jean Monnet” di Casamassima (Ba), Stefano Allievi, professore di sociologia presso l’Università di Padova, Pasquale Annicchino, ricercatore presso il Cambridge Institute on Religion & International Affairs, Rosaria Maria Domianello, professore di diritto ecclesiastico presso l’Università di Messina, Alessandro Ferrari, professore di diritto ecclesiastico presso l’Università dell’Insubria (Varese), Maria Chiara Giorda, professoressa di storia delle religioni presso l’Università “Roma Tre” (Roma), Shahrzad Houshmand Zadec, docente di studi islamici presso la Pontificia Università Gregoriana e presso la Pontificia Facoltà Teologica “Marianum (Roma), Paolo Naso, docente di scienza politica e coordinatore del master in religioni e mediazione culturale presso l’Università La Sapienza di Roma, Vincenzo Pace, professore di sociologia presso l’Università di Padova, Younis Tawfik, professore di lingua e letteratura araba presso l’Università di Genova e scrittore, Francesco Zannini, professore di lingua e cultura araba presso la Lumsa (Roma), Ida Zilio Grandi, professoressa di lingua e letteratura araba presso l’Università “Ca’ Foscari” (Venezia).

Oltre a questo percorso più strettamente giuridico, «se ne aprono anche altri – prosegue Naso – . Il riferimento è alla validità di alcune esperienze degli anni passati. Come il corso di formazione per ministri di culto, non solo musulmani, ma delle diverse comunità di fede. O anche una pratica di incontro con giovani di seconda generazione, un elemento di importantissima novità anche all’interno della comunità islamica, perché nati e formati in Italia, esprimono così una specifica sensibilità, che merita di essere valorizzata».

Infine, sulla scorta di quanto accade in Europa, «è importante promuovere programmi e politiche di contrasto alla radicalizzazione: anche se in Italia non sono stati registrati i drammatici fatti di gravissima violenza successi in altri Paesi, occorre comunque non abbassare la guardia e coinvolgere in primo luogo la comunità e le associazioni islamiche, perché proteggano loro stesse e la comunità nazionale che le circonda dal “virus” pernicioso e distruttivo della radicalizzazione religiosa».

Quanto al contributo di Paolo Naso ai lavori del Consiglio, «data la mia biografia, la mia personale prospettiva – conclude – è quella di contribuire a un riconoscimento pieno, non solo giuridico ma anche sociale e culturale, del pluralismo religioso in Italia, di cui l’Islam è una tessera decisamente importante».