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1° dicembre: tre paradigmi in una sola data

Alcune date sovvertono le rotte, cambiano paradigmi, modificano corsi e percorsi della storia.

Era il 1 dicembre 1955 quando a Montgomery, in Alabama, l’afroamericana Rosa Parks si rifiuta di cedere il posto sull’autobus a un uomo bianco. Parks per questo motivo sarà arrestata e condannata per aver violato le leggi di segregazione razziale della città. Un gesto, quello della donna, che innesca un boicottaggio dei mezzi pubblici che durerà per ben 381 giorni.

La protesta guidata successivamente da Martin Luther King porterà la Corte Suprema ad abolire le discriminazioni sugli autobus.

Rosa Parks tutt’oggi è considerata la madre del movimento dei diritti civili americani.

Nella sua biografia si legge: «Molti, quel giorno, sostennero che non mi alzai perché ero stanca. Non è vero. Ero solo stanca di subire dei soprusi».

Lo storico Massimo Rubboli spesso racconta che, diversi mesi prima del rifiuto di Rosa Parks, una ragazza di 15 anni aveva manifestato tempo prima dell’atto di Parks, lo stesso rifiuto, ma allora «il movimento degli afroamericani, decise di non lanciare la protesta pubblica per la giovane età della protagonista».

Già, perché i tempi devono essere maturi per ogni cosa.

Proprio come lo furono in occasione dell’approvazione della legge per il divorzio.

Il 1° dicembre del 1970, dopo un lungo e complesso iter parlamentare e un ampio dibattito politico e pubblico, con 325 sì e 283 no alla camera dei deputati e 164 sì e 150 no al Senato della Repubblica, fu approvata la legge n° 898 rubricata come «disciplina  dei casi di scioglimento del matrimonio» e più popolarmente detta «Fortuna-Baslini».

Una legge che rappresentò una prima vittoria per la battaglia per i diritti civili in Italia facendo da apripista ad altre numerose conquiste.

Per citarne solo alcune. l’obiezione di coscienza; il voto ai diciottenni; la chiusura dei manicomi con la legge Basaglia; la possibilità dell’interruzione di gravidanza; la riforma dei codici militari fascisti.

Decisiva, nel dibattito politico di allora e in quello sociale fu la pressione fatta dal Partito Radicale, guidato da Marco Pannella.

«Con la battaglia per il divorzio nacque l’Italia dei diritti civili», ha ricordato pochi giorni fa su L’Espresso Gianfranco Spadaccia, già segretario Radicale fra gli anni Sessanta e Settanta, assiduo attivista al fianco di Marco Pannella. Nel 1970 era in prima linea, quando lo scioglimento del vincolo matrimoniale venne introdotto nel nostro ordinamento con la legge di Loris Fortuna e Antonio Baslini (dal nome dei primi due firmatari in sede parlamentare: un socialista e un liberale).

Spadaccia, intervistato da Patrizio Ruviglioni, ricorda l’evento che «[…] Fece cadere la diga che bloccava le riforme, dando inizio a una rivoluzione fondata sui diritti civili. Nel 1972 fu introdotta l’obiezione di coscienza al servizio militare: eravamo gli unici fra i grandi Paesi europei a non ammetterla ancora. Nel 1975, invece, avvenne la riforma del diritto di famiglia, riconoscendo, di fatto, la parità fra uomo e donna. Quindi l’aborto, la Basaglia, il voto ai diciottenni. Battaglie che hanno raccolto un grande consenso popolare, perché rispondevano a esigenze urgenti e percepite in maniera trasversale […]».

Invece, nel 2015, la Camera approvò in via definitiva con 398 sì, 28 no e 6 astenuti, la riforma delle norme sul divorzio che modificarono la legge n. 898 del 1970.

Un testo che era in discussione in Parlamento da più di dieci anni. Una riforma che ha ridotto il tempo di attesa tra separazione e il divorzio da tre a un anno; fino a sei mesi se il divorzio tra i coniugi è consensuale.

«Un attacco alla famiglia», fu detto da una parte del mondo cattolico.

Intervistato da Matteo De Fazio fu Paolo Ribet, pastore valdese e coordinatore della commissione sui nuovi modelli di famiglia della Tavola Valdese, a allora commentare la notizia sulle pagine di Riforma.

Sempre quell’anno, un documento sulle famiglie fu presentato al Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, una riflessione che intendeva allargare l’orizzonte sul modo plurale di «fare famiglia» rivolgendo l’attenzione non solo alla cosiddetta «famiglia tradizionale», fondata sul matrimonio, ma anche ad altre forme di convivenza duratura; alle seconde nozze, alle famiglie immigrate, alla genitorialità nelle sue diverse articolazioni, quali la monogenitorialità, la genitorialità sociale nei casi di famiglie ricomposte o adottive. La cura di soggetti deboli o non completamente autonomi, la convivenza di più generazioni.

«Tali fenomeni – si legge nel documento – sono presenti nella nostra società e nelle nostre chiese, si tratta di partire dalle «famiglie reali» che s’incontrano ed entrano in comunione nelle nostre realtà ecclesiastiche. Questa consapevolezza consente alla Chiesa evangelica valdese di calarsi nella concretezza dei problemi e delle sfide quotidiane con accoglienza, amore, perdono e fiducia […] ».Il testo è disponibile qui .

Oggi è anche la Giornata mondiale contro l’Aids, tema di cui poco si parla.

«Mentre l’attenzione globale è focalizzata sulla crisi sanitaria scatenata dal Covid-19, il virus dell’Hiv continua a diffondersi», ricorda Alessia Ferri sul sito dell’Osservatorio diritti.

I nuovi dati sulla situazione in Italia e nel mondo ricordano che, nel 2019 circa 1,7 milioni di persone sono state infettate dall’Hiv.

A informarci è il programma delle Nazioni Unite per l’Aids/Hiv, Unaids, che alla vigilia della Giornata mondiale contro l’Aids che proprio ieri ha diffuso, attraverso due report, i dati della situazione globale relativi al 2019.

«L’Hiv – ricorda Ferri –  è un virus che attacca e distrugge soprattutto un tipo di globuli bianchi, i linfociti CD4, indebolendo il sistema immunitario fino ad annullare la risposta contro altri virus, batteri e malattie. Nel 2019 circa 38 milioni di persone nel mondo convivevano con l’Hiv. Tra questi, 36,2 milioni erano adulti e 1,8 milioni bambini fino ai 14 anni».

Il Rapporto dell’Unicef «Reimmaginare una risposta resiliente all’Hiv per bambini, adolescenti e donne incinte con l’Hiv» informa che, nel 2019 quasi ogni minuto e 40 secondi, una persona sotto i 20 anni ha contratto l’Hiv.

Questo ritmo ha portato il numero totale di bambini e giovani che convivono con il virus a 2,8 milioni. I nuovi casi tra i più piccoli fino ai 9 anni sono stati 150.000 (malati complessivi 1,1 milioni) e tra gli adolescenti tra i 10 e i 19 anni 70.000 (malati complessivi 1,7 milioni).